Facebook, il noto social network in blu che di recente ha accusato un calo nel numero degli utenti attivi giornalieri, subendo come pochi le conseguenze delle nuove policy sulla privacy di iOS 15, ha annunciato, tramite l’account ufficiale su Twitter (@facebookapp), un piccolo restyling all’app mobile: il tutto mentre la piattaforma risulta coinvolta suo malgrado in un problema di sicurezza, aggiuntivo rispetto alle consuete grane “istituzionali”.
Da qualche tempo, Menlo Park è impegnata in frequenti rebranding: lo scorso anno la companion app Facebook Inc si è ribattezzata in Meta, per riflettere gli sforzi verso l’edificazione del Metaverso e, a inizio anno, è stato messo da parte Oculus quale nome per i visori Quest dedicati alla realtà virtuale. Nelle scorse ore, seppur con un rilievo assai minore, è arrivata la comunicazione secondo la quale è stata attuata anche la rinominazione del News Feed della social app Facebook che, perdendo il nome originario (posseduto sin dall’inizio, cioè da 15 anni a questa parte), nella companion app della piattaforma va ora a chiamarsi semplicemente “Feed”, in modo da ridurre la confusione degli utenti i quali tendevano a credere che tale feed fosse dedicato alle notizie, quando in realtà Zuckerberg lo vede come destinato ad accogliere i post e le foto dei profili seguiti e degli amici (anche tenendo conto del fatto che, separata dal feed normale, Facebook ha già una scheda “Notizie”).
In compenso, a tranquillizzare gli utenti ci ha pensato un portavoce della piattaforma che, nello spiegare come il nuovo moniker rispecchi meglio i “contenuti che le persone vedono nei propri feed“, ha assicurato che, nella sostanza, non cambierà il modo in cui la corrispondente funzione opera nell’app.
Messo a regime il cambiamento di cui sopra, col flusso di contenuti che – nell’app del social – da News Feed diventa Feed, Meta non si è fatta mancare la consueta dose di problemi, da parte delle istituzioni e in tema di privacy. Negli scorsi giorni l’avvocato generale dello stato del Texas, Ken Paxton, ha citato in giudizio Meta per aver violato il Cubi Act in vigore dal 2009 quale forma di tutela dei dati biometrici dei cittadini texani, che sarebbero stati ingannati in merito con pratiche commerciali scorrette (violazione del Texas Deceptive Trade Practices Act) visto che non avrebbero fornito alcuna autorizzazione alla raccolta e all’uso di dette informazioni sensibili tramite il riconoscimento facciale. In caso di condanna, potrebbe essere richiesto un risarcimento di 25mila dollari per ogni violazione del CUBI Act e 10mila dollari per ognuna di quelle riguardanti il Texas Deceptive Trade Practices Act. Secondo il Wall Street Journal, il tutto potrebbe tradursi, considerando i milioni di violazioni contestate, in una multa di varie centinaia di miliardi di dollari.
Infine, come se ancora non bastasse, il browser Brave ha reso noto d’aver bannato l’estensione, però ancora disponibile nel Chrome Web Store, “LOC” che, forte dei suoi 700.000 utenti, fornisce funzioni supplementari agli utenti di Facebook che, avvalendosene, possono scaricare i messaggi, variare facilmente i setting della privacy dei post, o gestire in modo semplificato gli amici. A quanto pare, il motivo della sanzione è che tale estensione, per la quale il relativo sviluppatore ha assicurato che non vi sia alcuna raccolta di dati degli utenti, qualora si fosse già connessi al social, in realtà conceda l’accesso per alcuni dati degli utenti a un server di terze parti senza far mostrare a Facebook alcuna richiesta di autorizzazione prima che venga emesso il token di accesso all’applicazione che, tra l’altro, viene archiviato in locale, esposto in chiaro, sotto localStorage.touch.