Facebook: polemiche su inserzioni, ottima raccolta fondi Pro Australia, vittoria contro l’Antitrust

Inizio di settimana ancora una volta all'insegna delle polemiche per Facebook che, uscita quasi indenne da una multa dell'Antitrust italiano, e raccolti molti fondi a favore della martoriata Australia, conferma qualche problema di troppo con le inserzioni.

Facebook: polemiche su inserzioni, ottima raccolta fondi Pro Australia, vittoria contro l’Antitrust

La prima settimana post CES 2020 riparte (anche) con il noto social network Facebook che, pur annunciando importanti notizie in merito allo strumento per la raccolta fondi (con riferimento a quanto accade in Australia), e vantando un buon risultato ottenuto in ambito antitrust, non ha potuto fare a meno di una buona dose di polemiche, relative alle inserzioni pubblicitarie, politiche e No-Vax. 

Di recente, Facebook ha introdotto diverse migliorie nella sezione privacy, per consentire agli utenti un uso più agevolato della stessa: tuttavia, quanto alle inserzioni politiche, il punto di vista non è cambiato: nello specifico, come sostenuto da Rob Leathern, direttore dei prodotti di Menlo Park, in assenza di una legislazione pubblica in merito, stante che ogni società privata sta decidendo a modo proprio (es. Snapchat, Spotify e Twitter vietando gli spot politici, Google depotenziando il targeting degli stessi), Facebook non controllerà tali inserzioni, in quanto spera che ogni dichiarazione dei politici divenga oggetto di pubblico dibattito. Tuttavia, saranno messe a disposizione degli utenti maggiori statistiche per questo genere di pubblicità (es. il target numerico ambito e raggiunto per ciascuna di esse), e non saranno consentite quelle ads che inviteranno a non votare, che inciteranno all’odio, o che saranno violente.

Anche sui deepfake, che la piattaforma ha iniziato a rimuovere, saranno presenti eccezioni a favore dei politici: a tal proposito, al portale Mashable, il social ha spiegato che, allorché dovessero imbattersi un video palesemente manipolato (in modo credibile, via intelligenza artificiale), i moderatori potranno anche deciderlo di mantenerlo online, nell’eventualità che lo ritengano notiziabile (newsworthy), ovverosia meritevole d’esser distribuito e letto. Ovviamente, non tutti hanno preso bene queste decisioni, tanto che il celeberrimo attore Mark Hamill, noto per l’interpretazione del maestro jedi Luke Skywalker in Guerre Stellari, con un tweet contrassegnato dall’hashtag #PatriotismOverProfits, ha annunciato d’aver chiuso il profilo Facebook in quanto deluso dal fatto che Zuckerberg abbia sacrificato la correttezza informativa sull’altare del profitto. 

Anche sul fronte della pubblicità connessa al tema della salute, le eccezioni sembrano essere presenti, e poco chiare, tanto da destare non poche polemiche in merito. A testimoniarlo è il portale BuzzFeed il quale nota che, a quasi un anno di distanza dall’impegno del social contro i contenuti No-Vax, capita di leggere ancora la pubblicità dell’azienda Earthley, che propone cure naturali contro la pertosse (che ogni anno causa 160 mila vittime, per la maggior parte bambini). Il social, interpellato in merito, ha spiegato di intervenire solo qualora l’ads contenga misinformazione sul tema della vaccinazione, e non semplicemente quando vi dimostri opposizione. 

Tra tante polemiche, non manca qualche buona notizia in salsa Facebook. Il social ha rivelato all’emittente Cbs News che è stato appena raggiunto il record per lo strumento dedicato alle donazioni di beneficenza: il primato spetta alla raccolta fondi della comica Celeste Barber che, in meno di due settimane (dal 2 Gennaio), ha già racimolato oltre 30 milioni di euro in favore di chi combatte gli incendi in Australia. A fronte di 1.1 milioni di condivisioni della causa, per un totale di 4.3 milioni di persone invitate a donare, sarebbero 1.2 milioni coloro che lo hanno fatto in modo concreto e tangibile. 

Infine, anche dalla giustizia italiana giungono buone notizie per Zuckerberg. Nello specifico, il Tar del Lazio ha dimezzato la multa, inizialmente di 10 milioni di euro, comminata dall’Antitrust (nel Dicembre del 2018) per alcune violazioni del codice del consumo, dettate dal fatto che il social, oltre ad aver trasmesso a terzi i dati degli utenti (aspetto sul quale il ricorso sarebbe stato accolto, posto che la descrizione del modo in cui ciò avveniva si prestava a travisamenti), non avrebbe informato gli utenti in modo chiaro sul fatto che la piattaforma, non davvero gratuita, si finanziasse attraverso la cessione del valore rappresentato dai dati che gli utenti mettevano a disposizione con la loro iscrizione. 

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