Facebook: il mea culpa di Zuckerberg/Sandberg, class action di Altroconsumo, e gli strumenti per i concessionari di auto

Facebook, in vista delle celebrazioni per i suoi 15 anni di vita, ha rilasciato numerose dichiarazioni, in merito alle prossime iniziative (tra cui alcune a favore dei concessionari di auto), tentando di riguadagnare la fiducia di utenti e istituzioni.

Facebook: il mea culpa di Zuckerberg/Sandberg, class action di Altroconsumo, e gli strumenti per i concessionari di auto

Facebook si appresta a celebrare i suoi primi 15 anni di vita e, in vista di tale traguardo, i suoi vertici si sono profusi in un’intensa attività di marketing, per riallacciare i rapporti con utenti ed istituzioni. Nel frattempo, il social – già avvezzo al commercio tramite il suo Marketplace – ha varato un nuovo strumento pubblicitario, a disposizione delle concessionarie di auto. 

Nel celebrare i 15 anni di Faceboo, Mark Zuckerberg – il CEO e cofondatore del noto social network – ha pubblicato sul Wall Street Journal un lungo “manifesto”, con qualche sporadico mea culpa, intitolato “The Facts About Facebook“. Dopo un esordio nel quale viene spiegato perché nacque il social (in internet si trovava di tutto, tranne che le persone), Mark ha ammesso che, quando è nato Facebook, non si aspettava che avrebbe assunto dimensioni mondiali, cui il favore del pubblico lo condotto. Ciò, ipso facto, ha richiesto molte risorse, ed il modello economico scelto per ottenerne in modo sostenibile è stato quello della pubblicità.

Sul tema delle informazioni personali, il giovane dirigente in blu ha spiegato che il social ne ha bisogno per funzionare, mostrando advertising mirato a favore delle piccole e medie aziende (il social ne “ospita” 90 milioni) che, in tal modo, hanno un canale per crescere (generando posti di lavoro) un tempo riservato solo ai grandi gruppi: tuttavia, gli utenti – in questo caso – avrebbero una visione distorta della cosa, perché il suo network non vende i dati a terzi, in quanto ciò ne ridurrebbe il valore (gli inserzionisti, pagato una tantum, sfrutterebbero da soli i dati), sottintendendo che sia la piattaforma stessa a servirsene assicurando che gli advertisers raggiungano il pubblico a sé più affine. 

Certo, a chi gli fa notare che Facebook raccolga e conservi i dati degli utenti più di quanto sia necessario, l’ammissione è che la raccolta delle informazioni è sì abbondante, ma anche finalizzata ad assicurare la sicurezza ai propri servizi: in ogni caso, entrando nel tema della trasparenza, gli utenti avrebbero un controllo sui propri dati impensabile nella tv, nella radio, e nella stampa, visto che possono conoscere perché visualizzano certi banner, bloccare ogni inserzionista si desideri, e cambiare le preferenze (ma la maggioranza avrebbe scelto di non farlo) sui banner da visualizzare. 

Infine, sul tema dei contenuti divisivi e di scarsa qualità, Zuckerberg ha spiegato che il social non ha alcun interesse a che siano presenti, visto che incentiverebbero il coinvolgimento solo nel breve tempo, non costituendo nessun reale valore aggiunto che faccia sentire gli utenti soddisfatti per il tempo speso sulla piattaforma. Se tali contenuti abbondano ancora, è perché il sistema di vigilanza, basato sul team umano e sugli algoritmi di controllo, è perfettibile.

Anche la vice di Mark Zuckerberg, si è data molto da fare, in questi giorni e, dopo le visite in Irlanda e Germania, è stata la volta del World Economic Forum di Davos, in Svizzera, ove il Cheif Operating Officer Sheryl Sandberg ha incontrato i potenti del mondo per spiegare come il suo social, che nel connettere tante persone non ne aveva calcolato bene i rischi, abbia intenzione di riguadagnare la fiducia degli utenti: in tal senso, sono stati previsti investimenti miliardari in privacy e sicurezza, ma si è data anche visibilità a tante storie positive emerse sul social (come quella di Amstrong Pame, che ha raccolto tramite il sistema di crowdfunding della piattaforma i fondi necessari per collegare il suo villaggio in India al più vicino ospedale): in più, la Sandberg ha ammesso che Facebook è pronta ad una regolamentazione delle istituzioni sul tema della privacy, ma che cercherà di ottenere una legislazione che, parimenti, conservi la più ampia libertà di parola possibile

Nell’attesa che una regolamentazione del genere entri in vigore, Altroconsumo – così come le associazioni dei consumatori di consumatori di Belgio, Spagna e Portogallo – ha promosso una class action contro Facebook, accusata di aver giocato con i dati degli utenti, chiedendo un risarcimento di 285 euro a utente per ogni anno di iscrizione al social, più una corretta informazione sull’uso fatto dei dati, ed un completo controllo sui medesimi.

Per fortuna, saranno anonimi ed aggregati i dati usati da Facebook per la sua prossima iniziativa pubblicitaria, messa a disposizione dei concessionari di automobili. Secondo alcune ricerche (es. lo European Franchised Dealer Sites), il 63% degli utenti fa ricerche in internet prima di comprare un’auto, ma 1 concessionaria su 2 non dispone degli strumenti adatti per il proprio sito web (es. calcolatori di finanziamento, navigazione agevole anche da mobile, etc) e, per tale motivo, il social ha messo a disposizione, dopo alcuni test positivi (più contatti ottenuti) con alcune concessionarie americane, lo strumento “Automotive Inventory Ads” che permette di caricare il proprio intero listino dettagliato (luogo e anno di immatricolazione, marca e modello di auto), mostrando delle inserzioni mirate all’utente che abbia dimostrato interesse verso il dato modello di veicolo e alla concessionaria, visitandone la Pagina social. 

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