Facebook: ancora coinvolta in problemi di disinformazione e polemiche post Cambridge Analytica, bersagliata anche dal fisco

Facebook, sempre più impelagata nel gorgo delle problematiche su privacy e fake news, ha iniziato la settimana come peggio non si poteva e, nel contempo, è diventata bersaglio anche del fisco, sia continentale che italiano.

Facebook: ancora coinvolta in problemi di disinformazione e polemiche post Cambridge Analytica, bersagliata anche dal fisco

Anche l’inizio settimana di Facebook (come quello della sicurezza informatica) non è stato dei migliori, col noto social network in blu tornato al centro di alcune polemiche e contestazioni per il caso Cambridge Analytica, per una campagna di disinformazione smascherata dal New York Times, e per alcuni problemi col fisco (europeo e italiano). 

La prima polemica nella quale Facebook è andata a cacciarsi risale a qualche giorno fa, in seguito all’inchiesta del New York Times sulle pratiche di disinformazione messe in atto da Menlo Park per virare l’attenzione verso la concorrenza, e coinvolgere lo speculatore, di origine ungherese, Soros. In queste ore la vicenda si è arricchita di un colpo di scena, che avrebbe dovuto scagionare la direttrice operativa del network, Sheryl Sandberg, accreditata di aver assunto un’azienda di public relations (la Definers) per le pratiche scorrette di cui sopra: ebbene, con un comunicato ufficiale, ad assumersi tutte le colpe è stato il braccio destro della Sandberg, nonché (ormai) ex capo delle policy e della comunicazione di Facebook,  Elliot Schrage, il quale ha assicurato di essere il solo responsabile di quanto riportato dal NYT.

Peccato che Schrage sia già stato sostituito dall’ex politico inglese Nick Clegg, inducendo il sospetto che sia stato usato come “capro espiatorio“, e che la Sandberg abbia spiegato di non essere al corrente di quello che veniva fatto sotto i suoi occhi (avrebbe dovuto supervisionare il collega), prestando il fianco all’assunto secondo il quale i vertici di Facebook non sappiano quel che si fa nella loro azienda

Intanto, il caso Cambridge Analytica continua a far discutere, ed a tenere Facebook sulle spine. In Gran Bretagna, il potente Department for Digital, Culture, Media and Sport (DCMS) ha sequestrato, a un ex sviluppatore della Six4Three in causa con Facebook, una serie di documenti, protetti da un tribunale della California, dai quali si evince che il social avrebbe creato deliberatamente delle falle, nelle proprie policy, onde permettere a varie aziende di sfruttare i dati personali di milioni di utenti (anche europei). Da Menlo Park sono arrivate critiche per il modo in cui i documenti sono stati acquisiti, oltre alla diffida a visionarli. 

La Gran Bretagna, come dimostrato anche dalle recenti dichiarazioni del principe William, deve avere il dente avvelenato nei confronti di Zuckerberg che, più volte, si è rifiutato di aderire alle richieste di audizione del suo Parlamento: ne è nata una multa, comminata dall’Information Commissioner’s Office (ICO), per non aver protetto in modo adeguato i dati, in occasione dell’affaire Cambridge Analytica, di circa 1 milione di utenti britannici. Il legale rappresentate di Facebook per l’Europa, Anna Benckert, ha depositato in tempo utile il ricorso del suo cliente che, a questo punto, andrà a difendersi in tribunale, con una tesi che ammette gli errori fatti, pur calcando la mano sui progressi ottenuti in seguito, e sulle misure intraprese per limitare l’accesso ai dati da parte delle app di terze parti. 

Anche in tema di tasse sulle entrate, mala tempora currunt per Facebook. Mercoledì, si riuniranno i ministri delle finanze continentali per accordarsi, a Bruxelles, sulla proposta austriaca di tassare le entrate europee di grandi colossi del calibro di Facebook (e Google). L’idea è che, a pagare le tasse, per un 3% delle loro vendite europee (di dati, servizi di intermediazione, pubblicità), siano quelle grandi aziende con un fatturato pari o superiore a 850 milioni di dollari (750 milioni di euro) i cui contenuti siano visualizzati in Europa (secondo l’IP del device destinatario). Nel caso i paesi membri dell’UE trovino “la quadra”, la regolamentazione andrà recepita dalle normative nazionali entro il Dicembre del 2021, entrando a regime sulle entrate che, però, saranno generate dal 2022. 

Nel frattempo, diverrà operativo l’accordo – sottoscritto da Facebook Italia – per sanare alcune pendenze col fisco nostrano, in relazione alcune annate contestate, relative al periodo 2010-2016: in base all’accertamento con adesione sottoscritto, Facebook Italy s.r.l verserà nelle casse italiane oltre 100 milioni di euro

Continua a leggere su Fidelity News