In questa settantesima edizione del Festival della canzone italiana, è stata molto attesa la presenza dell’amata Rula Jebreal, brillante giornalista palestinese: coraggiosa, libera, intelligente, bella e volitiva. Del suo monologo si è parlato tanto, addirittura ancor prima della sua effettiva esposizione e, con certezza, è possibile oggi dire che ha superato qualsiasi aspettativa.
Parole che entrano dritte nel cuore e racconti che suscitano lacrime, sono gli elementi che compongono il lungo discorso di Rula Jebreal che ha regalato forti emozioni in questo entusiasmante Festival di Sanremo. Davanti a sè due libri, uno nero contenente fatti reali e uno bianco arricchito da testi di canzoni celebri, con cui Rula ha iniziato a raccontare spezzati di vita quotidiana, notevolmente bui e crudi, che continuano a lacerare l’animo di moltissime donne.
La giornalista è partita dalla realtà, da parole che feriscono e da dati statistici che sconvolgono e dimostrano come il femminicidio è diventato una vera e propria emergenza che continua a urlare di fronte a tanta indifferenza. Oltre alle ferite fisiche, sul cuore delle donne pesa maggiormente il pregiudizio e la continua sensazione sbagliata di sentirsi in colpa. Tale prospettiva fa dimenticare loro che sono solamente vittime di uomini che non meritano di essere chiamati tali: “Noi donne non siamo mai innocenti o perchè abbiamo denunciato troppo tardi troppo, o troppo presto, o perchè siamo troppo belle o troppo brutte, o disinibite e ce la siamo voluta. Nell’80% dei casi il carnefice non ha bisogno di bussare alla porta per un motivo semplice, ha le chiavi di casa”.
Facendo affidamento sulle magiche parole presenti nel testo del brano “La cura” di Battiato, Rula ha aperto un doloroso capitolo della sua vita raccontando in lacrime la sua difficile infanzia caratterizzata da tanta sofferenza: “Sono cresciuta in un orfanotrofio con altra bambine, tutte le sere raccontavamo una storia ed erano favole tristi, ci raccontavano delle nostre madri spesso stuprate, torturate, uccise”.
Denunciando un sistema che non consente alla donna di essere libera e di sentirsi realmente protetta dalle autorità, Rula ha raccontato la drammatica morte della madre Nadia che ha lasciato nel cuore della figlia un vuoto incolmabile. La giovane donna, stuprata ripetutamente, ha deciso di suicidarsi quando la figlia Rula aveva cinque anni, lasciandola da sola in un momento di immensa disperazione: “Mia madre si è data fuoco. Il suo dolore cominciò da adolescente, voleva liberarsi del suo corpo perche fu stuprata due volte a 13 anni da un uomo e poi da un sistema che non le ha consentito di denunciare. L’ uomo che l’ha violentata, per anni aveva le chiavi di casa”.
Nel silenzio assoluto del possente teatro Ariston, Rula ha anche ricordato lo stupro di Franca Rame pedinata e devastata da alcuni delinquenti che volevano punire “la compagna di Dario Fo“. Franca era una donna forte che parlava quando tutti le imponevano di tacere ed esponente del movimento femminista è stata il volto dell’autodeterminazione femminile. Torturata e violentata, Franca Rame è morta senza aver avuto giustizia ma solo indifferenza e tanta diffamazione: per il suo triste caso non c’è mai stata nessuna condonna.
L’applauso commosso dell’immensa platea di Sanremo chiude l’emozionante monologo di Rula Jebreal che ha dedicato le sue parole finali alla madre, alla figlia Miral e a tutte le donne che hanno il coraggio di combattere contro l’oppressione e il pregiudizio.