Avvistati in sviluppo ormai da diverso tempo, con diversi cambi nel nome e nelle impostazioni tra una comparsata e l’altra nel codice dell’app, i messaggi che si autodistruggono, o a scadenza, sono stati alfine annunciati dal team di WhatsApp, per altro impegnata nell’estendere in India il sistema di pagamenti proprietario, con il roll-out, per iOS/Android/KaiOS, in predicato di giungere a conclusione per tutti gli utenti entro fine mese.
Secondo quanto comunicato da Menlo Park, che nei giorni scorsi, sul sito ufficiale dell’app, ne aveva copiosamente spiegato – via FAQ – i meccanismi di funzionamento, eccezioni comprese, i messaggi a scadenza faranno somigliare maggiormente le chat alle conversazioni in presenza, più leggere in quanto confortate dal fatto di non essere permanenti.
Anche altre applicazioni famose prevedono un simile strumento di tutela degli utenti, anche se a questi ultimi, nel caso di Telegram, Wire, e Signal, è concesso un controllo più granulare, che permette di indicare il lasso di tempo scaduto il quale i messaggi vengono rimossi dalle chat. Su WhatsApp, che si ripromette di tornare eventualmente sulla questione una volta studiato il modus operandi degli utenti e analizzati i loro feedback, questa dead line è stata settata in 7 giorni, con la motivazione che ciò rappresenterebbe un ragionevole compromesso tra l’esigenza di ricordare quel di cui si parla, e la tranquillità di saperlo non permanente.
Per attivare i messaggi a scadenza, si dovrà procedere chat per chat, con quelle singole che offriranno la possibilità d’intervento ad ambedue gli utenti comuni, mentre in quelle di gruppo sarà l’admin a poter settare l’opzione relativa: per farlo, in ambedue i casi, occorrerà tippare, all’interno di una chat, sul nome dell’interlocutore, o della chat di gruppo: giunti a questo punto, occorrerà toccare la voce “Messaggi temporanei” e, in seguito, qualora richiesto, “Continua” e “Abilitato”.
Non meno importante in ambito WhatsApp, anche se attualmente lontano dai radar occidentali, è quanto emerso in India, ove la NPCI (National Payments Corporation of India), l’ente locale che dal 2008 gestisce e regola i sistemi di pagamento al dettaglio, ha dato il placet alla piattaforma in verde a proposito del sistema WhatsApp Pay, basato sull’ Unified Payment Interface e in test dal 2018 presso un milione di utenti in tandem con ICICI Bank, affinché venga esteso a un massimo di 20 milioni di utenti (dei 400 che WhatsApp ha in India), avendo comunicato l’Agosto scorso alla banca centrale del paese (Reserve Bank of India) l’assolvimento dei requisiti richiesti in tema di localizzazione dei dati.