Dopo la buona trimestrale e le nuove polemiche con Apple, si torna a parlare di Spotify, col colosso dello streaming svedese che, nelle scorse ore, ha avuto problemi con un altro (dopo il caso del 2018-2019 relativo a R. Kelly, sotto processo per molestie sessuali) cantante, Ye, al secolo Kanye West (sì: lo stesso che si appresta a comprare il social ultra-conservatore Parler), suscitando i timori dei suoi users anche per l’eventualità che possa aumentare i propri abbonamenti.
Come noto, Kanye West ha rilasciato alcune dichiarazioni di stampo antisemita, che hanno portato diversi marchi celebri della moda (Balenciaga, Gap e in ultimo Adidas) a interrompere i contratti pubblicitari con la ricca star dell’pi vincitrice di 24 Grammy Awards.
Intervistato in merito a un’eventuale rimozione della musica di questo popolare e influente artista da Spotify, il CEO della piattaforma, in un’intervista concessa all’agenzia stampa Reuters, ha spiegato che le canzoni di West non violano le sue policy in tema di hate speech e incitamento all’odio (nello specifico, le parole precise rilasciate sono state: “Parliamo di musica e la musica non viola le nostre politiche“).
Diverso sarebbe stato il caso se dichiarazioni come quelle poi rilasciate fossero state contenute in una registrazione o in un podcast. Di conseguenza, adottando un approccio libertario e protettivo che in passato ha tutelato anche il discusso (per le sue posizioni no-vax) podcaster Joe Rogan (con la conseguenza che noti musicisti come Joni Mitchell e Neil Young hanno fatto rimuovere le proprie canzoni dalla piattaforma), Daniel Ek ha concluso con l’affermazione secondo cui al massimo spetta all’etichetta editrice di West/Ye, la Def Jam di Universal Music, decidere se ritirarne le canzoni.
Infine, le rimodulazioni. Nel corso della conference call con gli investitori a proposito della terza trimestrale del 2022, Ek ha spiegato che “un aumento dei prezzi negli Stati Uniti è all’ordine del giorno, ed è una cosa su cui stiamo parlando e di cui parleremo con le etichette discografiche“. Durante un’intervista al Wall Street Journal, con meno opacismo, il deus ex-machina di Spotify, pur senza precisare di quanto e se anche in altri mercati, ha confermato che “nel 2023 potrebbe crescere il prezzo della sottoscrizione” al servizio.