Nessuno può negare che la musica in streaming ha rivoluzionato il modo di fruire dei contenuti audio e delle canzoni dei nostri artisti preferiti. Uno dei protagonisti di questa vera e propria rivoluzione musicale è senza alcun dubbio Spotify.
L’ormai diffusa applicazione, che conta più di 60 milioni di utenti attivi in tutto il mondo, è giunta però ad una fase molto delicata della sua esistenza, un declino che non è legato all’inefficienza del servizio, che invece riscontra il favore dei suoi utenti, ma alle tante battaglie che ogni giorno si trova a combattere, battaglie che gli portano via tempo e denaro.
Le battaglie di Spotify
La prima pesante guerra è quella che Spotify sta combattendo con le case discografiche, che da sempre non hanno visto di buon occhio quest’applicazione che inevitabilmente anche nella versione premium fa abbassare le vendite di supporti fisici a favore del download digitale attraverso l’app, con margini di guadagno per le etichette nettamente inferiori.
Sempre il denaro al centro del conflitto fra Spotify ed i vari artisti, che non ritenevano giusti i bassi guadagni che arrivavano nelle loro tasche dal traffico Spotify, che peraltro vanta solo 15 milioni di utenti premium su 60 milioni. La restante parte, infatti, sfrutta il servizio gratuito di Spotify, che permette grazie a brevi inserti pubblicitari di accedere ad un vasto catalogo di musica internazionale. Molte star stufe di questo trattamento si sono riunite ed hanno dato vita ad un’alternativa a Spotify, che prende il nome di Tidal.
Altri artisti, come Taylor Swift, hanno addirittura ritirato la propria discografia dall’applicazione, invitando i propri fan ad acquistarla su iTunes. Ed è propria la mela morsicata l’altro problema velenoso che sta facendo cadere giù dal podio il colosso dello streaming musicale gratuito.
Apple ed il suo Ceo, Tim Cook, proprio non riescono a mandar giù che Spotify tenga attivi così tanti utenti nella sezione free per un periodo indeterminato. Sarà che i 60 milioni di utenti di Spotify fanno gola a tutti ed anche all’azienda di Cupertino, che si appresta a lanciare il proprio servizio di musica in streaming Beats, il cui lancio sarebbe certamente più scenografico se il panorama mondiale del settore fosse sgombero da temibili nemici. Ecco dunque che Cook si è rivolto, e sembra con esito positivo, alle Autorità Americane, oltre a fare ulteriore pressione sulle etichette discografiche.
In questo scenario disastroso, Spotify comunque non si arrende e cerca di lanciare ulteriori sfide e servizi innovativi che vanno ad affiancare alla musica anche i video: trema, dunque, anche YouTube che non si farà certamente tanti scrupoli ad iniziare una guerra (ancora un’altra, sì) con la più famosa delle app di streaming musicale. Nel frattempo arrivano commenti positivi anche dal mondo videoludico, dopo lo sbarco di Spotify sulle PlayStation.
Spotify in crisi: ecco perché
Allora perché il futuro dello streaming musicale gratuito è in pericolo? Beh, tutte queste battaglie costano fior di quattrini all’azienda che quest’anno chiuderà in perdita nonostante il fatturato sia cresciuto del 45%. Bisogna, però, dire che tale perdita (che ammonta a 165 milioni di euro) è dovuta soprattutto ai costi di sviluppo della piattaforma e per l’espansione in nuovi paesi primi fra tutti il Brasile ed il Canada.
Questi dati non scoraggiano Spotify, che ha dovuto però adeguare il canone della versione Premium da 9.99 a 12.99 euro al mese. Quello che fa tremare veramente l’azienda è il contratto in scadenza con Sony e Universal, che potrebbero giocare un ruolo importante e definitivo sul futuro dello streaming musicale.