Nuovi casi di virus Ebola in Guinea ed in Sierra Leone. Il virus avrebbe già colpito più di 300 persone in Africa occidentale. A lanciare l’allarme Medici Senza Frontiere (MSF), che sta continuando a operare nelle zone colpiti applicando le misure necessarie per arginare l’epidemia in atto in questo momento. Dopo una diminuzione del contagio del virus Ebola, che ha creato tanta paura nei mesi passati, e tanti decessi in Africa tornano i casi di contagio.
Secondo le informazioni del ministero della Salute si sarebbero già verificati diversi decessi e nei prossimi giorni i volontari di Medici senza Frontiere allestiranno un centro per il trattamento dei contagi del virus Ebola a Koindu, che risulta essere il centro di questo ceppo di contagio, che si sta allargando velocemente. Sul posto sono già presenti diversi volontari, ma a loro se ne aggiungeranno anche degli altri, per cercare di intervenir prima possibile sui casi già noti e soprattutto per inviare il materiale necessario allo staff per operare in tutta sicurezza in quella zona e le medicine utili a curare i tanti casi già diagnosticati.
Marie-Christine Ferir, coordinatrice dell’emergenza per Medici senza Frontiere, ha dichiarato che “l’Ebola è una malattia che fa paura e viene percepita come una cosa misteriosa, ma le persone possono guarire”. Infatti, sono circa 30 i pazienti, dall’inizio di questa epidemia, che sono sopravvissuti alla malattia grazie alle cure dei volontari di Medici Senza Frontiere. “Guadagnarsi la fiducia delle persone è parte essenziale dei nostri sforzi per combattere l’epidemia”continua Ferir.
L’epidemia nel frattempo va avanti ed in pochi giorni i casi sono aumentati considerevolmente fino ad arrivare a circa 300. L’aumento dei casi può essere dovuto alla reticenza da parte dei pazienti a recarsi in ospedale. I continui decessi ed i nuovi casi registrati stanno causando problemi anche logistici nella gestione dei pazienti e dei corpi dei defunti, che spesso devono essere spostati per i funerali in altre città dagli stessi familiari delle vittime. “Le principali sfide che dobbiamo affrontare sono la resistenza all’interno della comunità e la difficoltà a tracciare i movimenti delle persone che potrebbero essere infette”, spiega Ferir.