Milioni di persone (anche magri o normopeso) quando ingrassano, invece di accumulare grasso in modo sommariamente uniforme su tutto il corpo, tendono ad accumularlo solo nella zona addominale, portando alla formazione della cosiddetta “pancetta”. Ma attenzione al grasso addominale!
Secondo un recente studio pubblicato sulla rivista “Annals of Internal Medicine” e condotto da un team di ricercatori guidati dal dottor Francisco Lopez-Jimenez, cardiologo in forza alla Mayo Clinic nel Minnesota, è più pericoloso per la salute umana essere magri ma con la pancia gonfia che essere sovrappeso.
Analizzando infatti un campione di circa 15.000 persone (di cui il 40% normopeso, il 35% sovrappeso e il 25% obeso), di età compresa tra 18 e 90 anni, lungo un arco temporale di 14 anni, si è osservato che gli uomini con adipe addominale in eccesso, indipendentemente dal proprio Indice di Massa Corporeo (IMC), hanno il doppio delle possibilità di morire prematuramente e improvvisamente a causa di diabete, ictus e malattie coronariche, invece per le donne tale possibilità è di una volta e mezza in più.
Questo avviene, spiegano gli esperti, perché la pancia è costituita da un tipo di grasso in grado di penetrare all’interno del corpo raggiungendo i più importanti organi vitali, in primis il fegato, il quale trasforma il grasso in colesterolo che viene successivamente immesso nella circolazione del sangue, col rischio di accumularsi nelle arterie e causare infarti o ictus.
Per evitare di accumulare grasso in eccesso su addome e fianchi il dottor Francisco Lopez-Jimenez consiglia di adottare una dieta mediterranea, di camminare almeno 50 minuti per 3 volte la settimana o 30 minuti per 6 giorni e di ridurre lo stress.
Il dottor Francisco Lopez-Jimenez ha commentato: “Le persone il cui peso rientra nella norma in base ai parametri dell’indice di massa corporea, non possono essere certi di non avere problemi di salute correlati al grasso. Avere un peso normale non è sufficiente, se la distribuzione del grasso è concentrata tutta sulla pancia”. Inoltre, in un editoriale collegato a questa ricerca si legge: “Questi nuovi dati forniscono la prova che i medici dovrebbero guardare oltre l’IMC”.