Un altro passo avanti è stato fatto per curare la perdita dei capelli, un fenomeno che ormai interessa indistintamene uomini e donne di ogni età. Si tratta di una notizia, pubblicata su PNAS, che arriva proprio nel momento in cui le vacanze estive stanno per finire e si registra una caduta più intensa dei capelli, dovuta ad una più frequente esposizione ai raggi UV, che sottopone il cuoio capelluto ad un maggior stress ossidativo.
Un gruppo di ricerca della Mammalian Cell Biology and Development Laboratory della Rockefeller University (Usa) ha di recente scoperto che lo stato “dormiente” delle cellule staminali presenti nel bulbo pilifero (nell’area di Bulge), stato che determina l’alopecia (la riduzione della quantità di capelli o la loro scomparsa), può essere contrastato utilizzando cellule staminali mesenchimali autologhe (cioè del paziente stesso), prelevate dal tessuto adiposo (ADSCs) di addome, fianchi e cosce; queste cellule riattivano il processo di crescita del capello, garantendo risultati duraturi.
Questa “riattivazione” è dovuta al fatto che le nuove cellule staminali mesenchimali inviano un segnale chimico, attraverso la secrezione di fattori di crescita (GF vascolare-endoteliale, GF piastrinico, IGF 1) e citochine, a quelle dormienti (azione paracrina).
Le cellule staminali mesenchimali sono state ottenute effettuando un piccolo prelievo di grasso; successivamente tali cellule sono state isolate e sono state oggetto di coltura, al fine di aumentarne il numero, e di crioconservazione (conservazione a temperature molto basse), fino al momento della microiniezione.
Il professor Nicolò Scuderi, dell’Università La Sapienza di Roma, ha spiegato: “Basta un trattamento (il costo è di circa 2000 euro) per risvegliare le cellule dormienti e riattivare il ciclo di ricrescita del capello. In certi casi può essere necessario ripeterlo, ma comunque non più di 1-2 volte e a distanza di 12 mesi l’una dall’altra”.
In Italia il Bioscience Institute di San Marino è uno dei pochi centri al mondo che utilizza le cellule staminali del grasso per curare l’alopecia.
Recentemente, inoltre, alcuni ricercatori statunitensi sono riusciti ad individuare due inibitori per la cura della calvizia.