La solitudine fa male al sistema immunitario

Secondo un recente studio, condotto dallo psicologo John Cacioppo, la solitudine porterebbe non solo a malattie dello spirito ma anche a seri problemi di salute, tra cui l’indebolimento delle difese immunitarie

La solitudine fa male al sistema immunitario

Sebbene la solitudine sia considerata, se vista come una condizione momentanea e occasionale, positiva per la riflessione, la creatività e la concentrazione, in generale essa non è piacevole e, inoltre, può avere effetti piuttosto negativi sulla salute umana, aumentando il rischio di decesso fino al 14%.

Le persone che sono o si sentono sole, indipendentemente dal fatto che si tratti di solitudine affettiva o solitudine sociale, hanno infatti una probabilità più elevata di soffrire di problemi di salute rispetto a chi, invece, riesce a mantenere rapporti con le altre persone. Ad esempio, in passato, è stato accertato che le donne sole mangiano di più.

A dimostrarlo è anche un recente studio condotto da John Cacioppo, psicologo dell’Università di Chicago, e pubblicato sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences”. Nell’ambito di questo studio si è osservato che le cellule immunitarie, note anche con il nome di leucociti, degli individui che vivono prevalentemente in solitudine hanno un’attività genica alterata a favore di geni pro-infiammatori e a discapito dei geni che dovrebbero difenderci dagli agenti infettivi e dai processi infiammatori. In altre parole, in queste persone le difese immunitarie risultano essere di gran lunga più deboli.

Per arrivare a queste conclusioni sono stati effettuati diversi esperimenti su macachi tenuti in isolamento: questi sono risultati maggiormente esposti a infezioni e virus rispetto ai loro simili che vivevano in gruppo.

Alla luce di questi risultati, il prossimo passo sarà capire come questi effetti negativi sulla salute legati alla solitudine si possano prevenire negli anziani, i quali rappresentano la categoria più abbandonata.

Per ora la tesi più condivisa è quella della promozione dell’active ageing (invecchiamento attivo), possibile solo attraverso un maggiore coinvolgimento degli anziani nelle attività e nelle uscite famigliari, un maggior incentivo (magari da parte di figli e nipoti) a mantenere contatti con gli ex colleghi di lavoro o a fare nuove amicizie, magari con persone che condividono le stesse loro passioni.

Non manca nemmeno chi ha rimediato alla solitudine con una simpaticissima sedia che abbraccia chi vi si siede.

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