Vi siete mai chiesti perché ci sono persone che con pochi bicchieri di caffè (anche solo uno) al giorno riescono ad affrontare la giornata e persone che invece hanno bisogno di molte più pause-caffè?
La risposta è stata data di recente da una ricerca, pubblicata sulla rivista Scientific Reports e condotta dalle Università di Edimburgo e di Trieste, dall’Istituto pediatrico Burlo Garofolo, dall’Erasmus Medical Center e da PolyOmica, con la preziosa collaborazione della compagnia di data analysis di Groningen.
Secondo questa ricerca la ragione va cercata nel Dna, dunque nei geni. In particolare è stata scoperta una relazione inversa tra la presenza di una variante del gene PDSS2 e il desiderio di caffè, in base alla quale le persone che hanno questa variante tendenzialmente consumano meno caffè.
Questo succede perché la variante del gene PDSS2 controlla un altro gene, il quale si occupa di regolare il metabolismo della caffeina; in altre parole la variante del gene PDSS2 agisce riducendo la capacità delle cellule di metabolizzare la caffeina, che dunque rimane in circolo nell’organismo per un arco di tempo più lungo.
Per giungere a questa scoperta, i ricercatori hanno analizzato il codice genetico e il consumo di caffè (quest’ultimo tramite un questionario) di 370 persone di Carlantino (piccolo villaggio della Puglia), di 843 persone appartenenti a 6 paesi diversi del Friuli Venezia Giulia, di 1.731 persone dei Paesi Bassi.
Paolo Gasparini, responsabile della struttura complessa di genetica medica del Burlo, ha commentato: “Gli studi che stiamo effettuando sono collegati al ruolo del caffè nell’economia e per la salute delle persone: abbiamo iniziato a comprendere meccanismi chiave, ma molto c’è ancora da fare. Il nostro metodo ha permesso di evidenziare le correlazioni tra genetica e caffè, vi sono ulteriori elementi da approfondire”.
Recentemente, inoltre, è stato scoperto che bere caffé riduce il rischio di tumore e contribuire al benessere generale a condizione però che si rispettino determinate norme igieniche, dal momento che le macchine del caffé possono essere nidi di batteri patogeni.