Covid-19, gli asintomatici potrebbero essere meno contagiosi

Il virologo Giulio Tarro afferma che gli asintomatici al Covid-19 non sono contagiosi. Non è proprio così, ma lo studio pubblicato da Library of Medicine riporta conclusioni interessanti sulla bassa carica virale dei soggetti asintomatici.

Covid-19, gli asintomatici potrebbero essere meno contagiosi

Mentre la rivista Science pubblica un articolo in cui si evidenzia la necessità di utilizzo delle mascherine da parte dei soggetti asintomatici per contenere il contagio del Covid-19, alcuni giorni prima il discusso medico e virologo Giulio Tarro ha affermato, in alcune interviste, che gli asintomatici non sono affatto contagiosi. Citando degli studi pubblicati da National Library of Medicine (NLM) viene però bacchettato, come spesso accade ultimamente, dal famoso debunker David Puente, in un articolo per “Open“, il giornale online di Enrico Mentana.

Puente smentisce Tarro, affermando che lo studio citato dal virologo ha dimostrato tutto il contrario: gli asintomatici sono infettivi e devono indossare DPI. Andiamo per ordine e cerchiamo di venirne a capo. La National Library of Medicine (NLM), creata dal governo federale degli Stati Uniti d’America, è la più grande biblioteca medica del mondo. Qui sono stati resi noti risultati di uno studio in merito all’infettività dei portatori Covid-19 asintomatici, si tratta della sintesi di quindici diverse relazioni.

Riportano il caso di un soggetto positivo al virus, asintomatico, illustrando le caratteristiche cliniche di 455 contatti con il paziente. Queste persone, esposte al contatto fisico con il portatore asintomatico del Coronavirus, sono diventati i soggetti della ricerca. Sono stati divisi in tre gruppi: 35 pazienti, 196 membri tra famigliari e conoscenti e 224 membri del personale ospedaliero. Sono state estratte le informazioni epidemiologiche, i registri clinici, i risultati degli esami ausiliari e i programmi terapeutici.

Il tempo medio di esposizione tra il soggetto asintomatico ed i pazienti ospedalieri è stato di quattro giorni, quello con i familiari di cinque. Il 25% dei ricoverati aveva patologie cardiovascolari. Oltre al personale ospedaliero, sia i pazienti che i familiari erano isolati dal punto di vista medico. Durante la quarantena sette pazienti più un membro della famiglia hanno manifestato nuovi sintomi respiratori, dove la febbre era la più frequente. Gli emocromi nella maggior parte dei contatti erano all’interno di un intervallo normale.

Tutte le radiografie non hanno mostrato segni di polmoniti bilaterali. Nessuna infezione da SARS-CoV-2 è stata rilevata sui soggetti esaminati, mediante test dell’acido nucleico (chiamati test qualitativi), eseguiti solitamente se i medici hanno già il sospetto di una particolare patologia. La maggior parte dei test basati sugli acidi nucleici serve ad individuare la presenza di un microrganismo, consentendo di stabilire la gravità dell’infezione.

Tuttavia, tali test non sono estremamente precisi, perché non tutte le mutazioni sono note. In sintesi, tutti i soggetti interessati non hanno contratto il contagio e i medici che hanno condotto la ricerca hanno ipotizzato che i pazienti asintomatici potrebbero avere una carica virale debole. Quindi è vero che le affermazioni di Tarro sono azzardate, ma è anche vero che se gli asintomatici hanno dunque una carica virale più debole, se questo venisse confermato con ricerce a più ampio spettro, le norme elementari di protezione e distanziamento potrebbero essere, per loro, superflue.

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