La magistratura italiana continua ad essere travolta da polemiche e sospetti. Ora è l’ombra di sentenze standard precompilate ad oscurarne la credibilità. L’accusa non arriva da uno qualsiasi: Gian Domenico Caiazza, avvocato penalista, già difensore di Enzo Tortora e presidente dal 2018 dell’Unione delle Camere Penali (UCPI), pubblica sul suo profilo social le denunce arrivate da colleghi che operano presso la Corte di Appello di Venezia, i quali hanno ricevuto per errore le motivazioni di rigetto delle sentenze da loro impugnate, diversi giorni prima della celebrazione del processo di appello.
Le Camere penali chiedono ed ottengono un’ispezione ministeriale: “…Eravamo pronti ad attendere con enorme curiosità ed apprensione l’esito“ – scrive l’avvocato Caiazza – “Pensavamo infatti si trattasse di accertare se la vicenda fosse occasionale, e dunque riferibile alla grave iniziativa di un singolo magistrato o di un singolo Collegio“.
Invece, prima della relazione degli ispettori, è il dottor Carlo Citterio, presidente della seconda sezione penale della Corte, a rivendicare il metodo denominato “schemi di motivazione“.
In pratica, per snellire la macchina giudiziaria veneziana, il giudice ha già una sentenza preparata, che argomenta con dovizia di richiami giuridici le motivazioni per cui l’appello sia infondato, ivi comprese la conferma del risarcimento e le spese supplementari per chi ricorre in appello.
Evidentemente, il terrore di giudizi precostituiti, a prescindere dalla sostanza degli argomenti presentati, è palpabile tra i penalisti ma il presidente Citterio ritiene ogni timore infondato, sottolineando che se la successiva discussione in Camera di Consiglio con l’avvocato difensore “... persuaderanno della infondatezza della tesi già scritta in motivazione, il relatore sarà ben lieto di riscriverla sostenendo l’esatto contrario“.
Caiazza ha bollato questa tesi come un gioco di società denominato “prova a convincermi del contrario”, criticando aspramente il presidente Citterio, sulla pretesa di voler dare lezioni per l’organizzazione di un ufficio giudiziario: “Avrebbe proprio dovuto risparmiarsela, a meno che non sia convinto che i penalisti veneziani ed italiani siano un popolo di sprovveduti ai quali è possibile raccontare qualunque storiella“.
Il presidente delle UCPI è convinto che non vi siano reali margini di ripensamento delle motivazioni già precompilate: “…Sono sentenze scritte e definite in ogni dettaglio, e sono quelle che riceveranno al cento per cento il timbro definitivo del depositato in cancelleria”. Per Caiazza la magistratura si deve limitare ad applicare le leggi dello Stato, anche quelle non condivise. Ora è fondamentale sapere se questo “metodo micidiale” sia utilizzato dagli uffici giudiziari in tutta Italia, cogliendo l’occasione per fare chiarezza definitivamente poiché minerebbe “…la forza vincolante delle leggi, cioè la essenza stessa della nostra vita democratica“.