Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano sarà chiamato a deporre come testimone al processo per la trattativa Stato-mafia. Infatti, la corte d’assise di Palermo, presieduta da Alfredo Montalto, ha accolto la richiesta avanzata dai pm Teresi, Di Matteo, Del Bene e Tartaglia, i quali vogliono sentire il presidente Giorgio Napolitano su un episodio in particolare: “Le preoccupazioni espresse dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio nella lettera del 18 giugno 2012”, si legge nella richiesta della Procura di Palermo, riguardante i timori di D’Ambrosio “di essere stato considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi”, e cioè nel periodo tra il 1989 e il 1993”.
La Procura spiega inoltre di voler chiedere al presidente della Repubblica ulteriori notizie su quella lettera inviatagli da D’Ambrosio che, in quegli anni, era stato in servizio all’Alto commissariato per la lotta alla mafia e poi al ministero della Giustizia.
La corte d’assise di Palermo ha anche specificato che il presidente Napolitano potrà essere sentito solo sul contenuto di quella lettera, e non su altre circostanze inerenti il suo ufficio, così come ribadito dalla Corte Costituzionale all’esito del conflitto di attribuzione sollevato dal Quirinale nei confronti della Procura di Palermo.
Intanto l’ufficio stampa della Presidenza della Repubblica fa sapere di essere “in attesa di conoscere il testo integrale dell’ordinanza di ammissione della testimonianza adottata dalla Corte di Assise di Palermo per valutarla nel massimo rispetto istituzionale”.
I pm hanno ottenuto anche la citazione del presidente del Senato Pietro Grasso, che “dovrà riferire in ordine alle richieste provenienti dall’odierno imputato Nicola Mancino aventi ad oggetto l’andamento delle indagini sulla trattativa, l’eventuale avocazione delle stesse e/o il coordinamento investigativo delle Procure interessate” spiegano i magistrati nella lista testi depositata in cancelleria.
Sulla questione è intervenuto anche il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, che, nonostante abbia precisato di “non aver letto le motivazioni”, si è detta “perplessa” sulla decisione della Corte d’Assise di Palermo, definendola “inusuale”.