Sovraffollamento delle carceri: il Governo valuta un risarcimento

Multe in arrivo dalla Corte europea dei diritti dell’uomo a causa delle condizioni di sovraffollamento delle carceri italiane. Per evitarle, il Governo pensa di risarcire i detenuti con indennizzi in denaro tra i 10 e i 20 euro o una riduzione di condanna fino al 20%

Sovraffollamento delle carceri: il Governo valuta un risarcimento

In tempi recenti l’Italia ha subito condanne dalla Corte europea di Strasburgo per la violazione dei diritti umani ed è stata costretta a risarcire alcune persone detenute negli istituti di pena nazionali per vissuto la detenzione in modi non dignitosi. Il motivo? Il cronico sovraffollamento delle carceri che costringe i detenuti a vivere in meno di tre metri quadrati a testa. Nell’immediato futuro incombono altre pesanti sanzioni, così al governo c’è chi pensa ad un decreto legge per risolvere la questione e scongiurare il pagamento, dal prossimo maggio, di multe milionarie.

Nel palazzo ministeriale ogni giorno c’è una riunione sul problema carceri, rivelano i più stretti collaboratori del guardasigilli Andrea Orlando, e si attendono ora i primi risultati. Così mentre il ministro fa rotta su Strasburgo dove presenterà alla Corte il suo progetto, a via Arenula spiegano che “non sarà un piano svuota-carceri né un modo per ripagare in moneta la detenzione vissuta in meno di tre metri quadrati”.

Secondo i dati forniti dai tecnici di Via Arenula, l’Italia rispetto al passato ha fatto dei passi in avanti: i detenuti sono diminuiti e le misure anti sovraffollamento dei governi Monti e Letta hanno prodotto un calo medio di 350 detenuti al mese. Tuttavia il 28 maggio, sarà operativa la famosa sentenza Torreggiani che condanna l’Italia a indennizzare i detenuti per aver subito una violenza a causa degli spazi ristretti di detenzione.

Il ministro chiederà di spostare in Italia i ricorsi presentati da altri detenuti e ad oggi pendenti innanzi alla Corte, in totale circa 3mila di cui almeno 2mila ritenuti ammissibili. Ma ecco il piano concreto denominano “piano rimediale”: il risarcimento offerto a chi ha subito detenzioni non dignitose prevede due strade, a seconda che il detenuto abbia già finito o meno di scontare la pena e la richiesta di indennizzo non potrà essere presentata dopo sei mesi dalla fine dello stato di “disumana” carcerazione. In pratica per chi è già stato rimesso in libertà ci sarebbe un indennizzo tra i 10 e i 20 euro giornalieri mentre, per chi sta ancora scontando la detenzione, l’ipotesi è quella di concedere uno sconto di pena che non potrà superare comunque il 20% del residuo da scontare. Così, ogni giorno trascorso in prigione e vissuto in condizioni disumane varrà di più di un giorno normale, ma mai più del 20%.

Politicamente la sfida è notevole, ma le polemiche non si faranno attendere; quanto costerà infatti allo Stato indennizzare i detenuti ancora non è reso noto. Ma il vero problema, o meglio l’interrogativo cruciale, è quello della funzione della detenzione; può l’indennizzo ridare al detenuto le possibilità di recupero sociale che avrebbe avuto in caso di detenzione umana? Siamo alle solite misure politiche fini a se stesse o alla vera soluzione del problema carceri? Sarà questa la vera inversione di tendenza?

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