Paolo Borsellino viene considerato una delle personalità più importanti e prestigiose nella lotta alla mafia in Italia ed a livello internazionale. Insieme a Rocco Chinnici, Giovanni Falcone e Giuseppe Di Lello hanno fondato il pool antimafia, termine di divenuto di uso comune soprattutto per identificare quei magistrati impegnati al contrasto della mafia in Italia.
L’idea alla base del pool nasce in seguito all’assassinio di magistrati che si occupavano solamente di indagini legati al terrorismo o alla mafia, in cui tra questi troviamo Vittorio Occorsio, Riccardo Palma, Girolamo Tartaglione, Francesco Coco, Emilio Alessandrini e Cesare Terranova.
La morte di Paolo Borsellino
La strage di Via D’Amelio avvenne precisamente 30 anni fa, all’altezza del numero civico 21 di via Mariano D’Amelio a Palermo, in cui perse la vita Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvisuto è stato Antonino Vullo, ove durante l’esplosione della bomba stava parcheggiando un auto della scorta.
Cosa Nostra stava pensando di uccidere Paolo Borsellino già agli inizi degli anni ’80, durante l’indagine per la morte del poliziotto Emanuele Basile ucciso proprio dalla mafia. I primi veri tentativi però si registrano solamente nel ’87, quando il boss Salvatore Riina incaricò Baldassarre Di Maggio di studiare i movimenti del magistrato.
L’attentato però avvenne nel 1992: la Fiat 126 rubata contenente circa 90 chilogrammi di Semtex (un esplosivo al plastico di brevetto cecoslovacco), telecomandato a distanza venne fatta esplodere a Via D’Amelio sotto il palazzo dove all’epoca abitavano la madre Maria Pia Lepanto e la sorella Rita Borsellino.
Il ricordo del presidente della Repubblica
A 30 anni dalla scomparsa, il Presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ha voluto lasciare un ricordo per il magistrato simbolo della lotta contro la mafia: “Paolo Borsellino, come Giovanni Falcone e altri magistrati, fu ucciso dalla mafia perché, con professionalità, rigore e determinazione, le aveva inferto un colpo durissimo, disvelandone la struttura organizzativa e l’attività criminale. La mafia li temeva perché avevano dimostrato che non era imbattibile e che la Repubblica era in grado di sconfiggerla con la forza del diritto”.
Oltre a Paolo Borsellino, vengono ricordati anche tutta la scorta morta per difendere il magistrato: “Paolo Borsellino aveva ferma convinzione che il contrasto alla mafia si realizzasse efficacemente non solo attraverso la repressione penale, ma soprattutto grazie a un radicale cambiamento culturale, a un impegno di rigenerazione civile, a cominciare dalla scuola e dalla società. Preservarne la memoria vuol dire rinnovare questo impegno nel tenace perseguimento del valore della legge, del diniego nei confronti del compromesso, dell’acquiescenza e dell’indifferenza che aprono la strada alla sopraffazione”.