Matteo Renzi non si deve dimettere. Parole firmate nientemeno che Barack Obama, uno degli uomini più potenti ed influenti dell’intero globo terracqueo. Il presidente degli Stati Uniti d’America ha voluto affrontare la questione relativa al referendum costituzionale in occasione della cena di Stato che si terrà stasera a Washington – e che avrà come ospiti d’eccezione proprio Renzi e la signora Agnese – spiegando che il premier italiano dovrebbe rimanere al suo posto.
Renzi è partito alla volta della capitale americana ieri mattina, dopo aver affidato l’ultimo messaggio “italiano” alle frequenze di Radio 105 per continuare la sua campagna a favore del “Sì” per il referendum del prossimo 4 dicembre, quando i cittadini italiani saranno chiamati ad esprimersi sulle riforme volute proprio dal premier.
Proprio in occasione del prossimo incontro fra capi di Stato, Obama ha voluto sostenere apertamente il collega affermando che: “Renzi è un leader giovane e promettente“, dichiarandosi favorevole alle riforme costituzionali proposte dal Governo italiano. Il presidente USA ha infatti dichiarato che: “Penso che la visione e le riforme ambiziose che il primo ministro Renzi sta seguendo siano importanti“.
Un assist formidabile alla campagna per il sì al referendum, arrivato proprio da uno degli uomini più potenti del pianeta. Stando all’opinione di Barack Obama, le riforme volute da Renzi potranno “aumentare la produttività, stimolare gli investimenti privati e scatenare l’innovazione“, e proprio per questo ha dato il suo assenso al piano previsto dal referendum costituzionale.
Tuttavia quella relativa al voto del 4 dicembre è stata solo una postilla a margine di un ventaglio di argomenti estremamente ampio e variegato, che verrà discusso proprio questa sera dai due leader durante la cena alla Casa Bianca. Sul tavolo infatti – insieme alle immancabili prelibatezze culinarie – finiranno anche la questione russa (con il possibile rinnovo delle sanzioni), il problema dell’immigrazione, la situazione in Medioriente ed i rapporti con Libia ed Egitto.