Dopo l’attacco della CGIL da parte di Susanna Camusso che dal palco del XVII Congresso Nazionale attacca il governo reo, secondo la stessa CGIL, di aumentare il precariato, Matteo Renzi al TG5 fa capire chiaramente che andrà avanti per la sua strada con o senza i Sindacati: “Noi stiamo cercando di cambiare l’Italia, se i sindacati vogliono dare mano lo facciano ma sappiano che la musica è cambiata, non possono pensare decidere o bloccare tutto loro. Se vogliono dare mano bene ma noi non stiamo ad aspettare loro”.
Le parole del Premier cadono come macigni nello stagno della rigidità storica dei sindacati italiani che da sempre hanno rifiutato qualsiasi ipotesi di cambiamento verso un mondo del lavoro più flessibile. Renzi a questo proposito ha lanciato la sfida e chiesto ai sindacati di cambiare: “Se i sindacati vogliono cambiare l’Italia insieme a noi ci stiamo, ma in un momento in cui tutti fanno sacrifici, anche la politica, anche i sindacati, devono fare la loro parte partendo dalla riduzione del monte ore dei permessi e mettendo on line tutte le loro spese”.
Poi il premier durante Ballarò rincara la dose e ribadisce: “Il fatto che il massimo dell’elaborazione concettuale del leader Cgil sia l’attacco al governo, e non la preoccupazione per i disoccupati, è triste per i militanti della Cgil. Se Camusso ha un problema interno perché Landini chiede cose diverse è problema loro, noi vogliamo discutere ma basta con il potere di veto”. Queste affermazioni sono seguite alle richieste della Camusso all’esecutivo di “cambiare verso” davvero, avvertendo dei rischi, per la stessa democrazia, dell’assenza di concertazione e della autosufficienza del governo (che “contrastiamo e contrasteremo”), nel cammino delle riforme che hanno prodotto in passato l’aberrazione degli esodati.
Da parte sua Renzi mira al sodo e ricorda che “Al fenomeno sempre più allarmante della disoccupazione giovanile si è aggiunto quello dei cinquantenni espulsi dal mondo del lavoro con il rischio di alimentare gravi fratture sociali”. E’, insomma, in corso una vera e propria dura battaglia fra il leader del governo e del PD e il segretario generale della CGIL. In palio il futuro del mondo del lavoro italiano.