La frase, che ormai sta diventando un vero e proprio mantra del premier Renzi, è questa: “Ce l’ha fatta la sinistra masochista a farci perdere la Liguria“, con un riferimento neanche tanto velato al candidato civatiano Luca Pastorino, che avrebbe disperso i voti della sinistra. Il 40% delle scorse Europee è solo uno sbiadito ricordo, per il Pd, che comunque può vantare un 5-2 in queste regionali, che, numericamente, non spostano gli equilibri: Toscana, Marche, Puglia e Umbria restano al Pd, il Veneto resta alla Lega, e c’è lo ‘scambio’ di Campania e Liguria tra Forza Italia e Partito Democratico. Cinque erano, e cinque sono rimaste.
“D’ora in poi parliamo di lealtà: non caccio nessuno, ma basta correnti“, ha tuonato il premier. Il nemico principale di Renzi, al momento, è proprio la sinistra del Pd, che ha contribuito al misero 27,84% della Paita in Liguria: il candidato Pastorino e il suo sostenitore Civati sono due ‘fuoriusciti’ del Partito Democratico, la cui convivenza con Renzi era diventata insopportabile. E poi la Campania, dove è entrata a gamba tesa Rosy Bindi (con piena legittimità) e la sua lista degli impresentabili, che ha tentato – a detta di Renzi – di mettere fuori gioco De Luca (poi comunque vincitore): la Bindi, nel Pd c’è ancora.
Che dire, poi, dei vincitori delle altre regioni? Innanzitutto Michele Emiliano, uno che con Renzi ha poco a che fare, che anzi punta a fare la scalata del partito: non ha avuto bisogno nemmeno di una visita del premier, per vincere a man bassa queste elezioni. A fare i primi commenti ufficiali, comunque, Renzi ha mandato i due vicepresidenti del Partito Democratico, Deborah Serracchiani e Lorenzo Guerini: per la presidentessa del Friuli Venezia Giulia è una “netta vittoria per 5 a 2“, ma resta “l’amarezza per la Liguria, dove una sinistra irresponsabile festeggia per la vittoria della destra“.