Un interrogatorio di tre ore e circa venti minuti: questo è stato il tempo trascorso per interrogare il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La Corte d’Assise aveva fissato questa udienza proprio per sentire il Capo dello stato sulla trattativa Stato-mafia. L’interrogatorio si è svolto al Quirinale, e ad interloquire con il Presidente c’erano i pm di Palermo.
Un avvocato della difesa ha voluto sottolineare che la parola trattativa non è mai stata utilizzata durante l’interrogatorio, e il Presidente ha risposto senza esitazioni a molte domande, mentre per altre si è avvalso della facoltà di non rispondere. Anche il legale di Totò Riina ha rivolto alcune domande a Napolitano, a cui il Presidente ha risposto, mentre l’avvocato dell’ex generale Mario Mori non ha posto nessuna interrogazione al Capo dello Stato. Il legale ha dichiarato di non aver posto domande al Presidente “per rispetto istituzionale”.
Il Capo dello Stato è stato chiamato a raccontare cosa gli disse D’Ambrosio nella lettera riguardo a certi tipi di accordi, e a un probabile attentato che la mafia voleva fare a Napolitano nel 1993, periodo in cui era presidente della Camera. ll Capo dello stato ha detto di non aver mai sentito parlare di trattativa e di non aver mai pensato di correre pericolo di vita nel periodo che riguarda l’anno nominato. L’avvocato Nicoletta Piergentili, legale della difesa di Nicola Mancino, ha detto: “Questo perché faceva parte del suo ruolo istituzionale”. Il Presidente Napolitano ha detto invece cose positive riguardo all’ex consigliere morto di infarto nel 2012: “Con Loris D’Ambrosio eravamo una squadra di lavoro“.
Tanti i chiarimenti e le domande su alcuni quesiti che dovrebbero aiutare la Procura di Palermo a far luce su alcuni aspetti oscuri di tante vicende intricate e accertare se Cosa Nostra e alcune istituzioni politiche abbiano fatto accordi durante il periodo in cui le stragi erano all’ordine del giorno. L’avvocato di Totò Riina ha espresso un suo parere sulla posizione del Presidente della Repubblica e sulla sua versione dei fatti. Secondo lui il capo dello stato “ha tenuto sostanzialmente a dire che lui era uno spettatore di questa vicenda”, facendo notare che la Corte non ha ammesso quella che a suo dire era la domanda più importante, ovvero di sapere l’esito di una conversazioe avvenuta tra Napolitano e l’ex presidente Oscar Luigi Scalfaro in cui fu detta la frase “io non ci sto!“, una domanda a cui Napolitano non si era negato di rispondere.