Nelle ultime ore la possibilità di usare il plasma iperimmune per combattere il Covid-19 sta iniziando a dare un po’ di speranza ai cittadini, anche se purtroppo ad oggi ci sono ancora dei forti limiti. Come riporta il Presidente di AVIS Nazionale, Gianpietro Briola, il plasma è efficace per gli anticorpi presenti nei soggetti guariti, ma con questi vengono somministrate anche delle sostanze non necessarie.
Proprio per questo motivo Gianpietro Briola aggiunge: “Serve ora capire quali sono gli anticorpi efficaci, isolarli, purificarli e poi somministrare solo quelli in dose controllata e farmacologica. Come avviene per le immunoglobuline antitetaniche, ad esempio”.
Matteo Salvini favorevole alla cura al plasma iperimmune
Nonostante tutti i limiti, il leader della Lega, con vari post pubblicati su Facebook e Twitter, dichiara di appoggiare pienamente la cura al plasma iperimmune. In primis condivide le dichiarazioni del primario di pneumologia dell’ospedale di Mantova Giuseppe De Donno al “Corriere”, ove risulta che la cura funziona e che, nel suo ospedale, in questo mese, non si contano decessi.
Successivamente Matteo Salvini si chiede: “Perché non sperimentarla a livello nazionale? Perché il silenzio del ministero della Salute, perché il silenzio dell’istituto superiore della sanità? I cittadini a questo punto potrebbero avere il dubbio che siccome il plasma è gratis, siccome non c’è dietro un business di qualche industria farmaceutica, siccome non ci sono appalti, guadagni milionari allora è meglio occuparsi di altro”.
I complottisti sul plasma iperimmune
Ma, oltre a Matteo Salvini, in tanti stanno iniziando a gridare al complotto. Non sono in pochi infatti che sottolineano la funzionalità del plasma iperimmune, probabilmente (e fortunatamente) senza averlo mai sperimentato, accusando quindi i “poteri forti” di volerci bombardare con il vaccino per controllarci la mente.
E, come riporta il sito “Next Quotidiano“, fino ad oggi le notizie su una possibile cura al plasma iperimmune non è mai stata nascosta da nessuno. Infatti, tra i primi a parlarne vi è la rivista scientifica inglese “The Lancet“, nella giornata del 27 febbraio 2020.