Il presidente del Consiglio Enrico Letta, intervistato dalla Bbc, si mostra soddisfatto e ottimista: “Ci troviamo in un periodo in cui tutti i Paesi hanno dei problemi, ma l’Italia è fra i migliori Paesi europei per consolidamento fiscale e con un deficit strutturale inferiore al 3%”.
Letta quindi esclude la necessità di salvataggi da parte dell’Europa, misure di cui l’Italia oggi non ha bisogno. E rilancia: “Sono sicuro che basterà continuare nel nostro programma di riforme strutturali, ho fiducia nella nostra economia e nel fatto che le riforme daranno dei risultati positivi”.
In realtà molti commentatori, tra cui dei Premi Nobel, da tempo fanno notare che misure di risposta alla crisi volte al solo consolidamento fiscale, ottengono risultati estremamente negativi in termini di aumento della disoccupazione, immigrazione e acuirsi degli scontri sociali. Sta succedendo in tutta Europa, e la gabbia dell’Eurozona rende ancora più difficile risolvere i problemi. Ricordiamo che le “riforme strutturali” così richieste a gran voce, di solito sono tagli alla spesa, riduzione dei diritti dei lavoratori e portano a deflazioni salariali e disoccupazione.
Ma Letta vuole riformare, riformare e ancora riformare. Viene da chiedersi se il nostro attuale presidente sia più devoto al suo ruolo istituzionale di rappresentante del popolo italiano, o ai diktat della Troika e della leadership tedesca.
I risultati che otterrà il suo governo ci potranno dare una risposta.
Intanto Letta ci fa sapere che esiste un problema di credibilità che potrà essere risolto da una riforma della politica che il suo esecutivo potrà apprestarsi a fare, con l’ampio appoggio bipartisan del parlamento e il consenso del Paese.
Ma il suo predecessore non eletto, con la sua riconosciuta “credibilità” in Europa, non ci ha portato ancor di più in recessione, con vistosi cali di Pil?