Le scuse di Elena Basile a Liliana Segre: "Sono stata tratta in inganno"

L'ex ambasciatrice Elena Basile ha pubblicamente chiesto scusa a Liliana Segre, senatrice a vita, per averla criticata in un video sui social media riguardo la sua presunta indifferenza verso i bambini palestinesi.

Le scuse di Elena Basile a Liliana Segre: "Sono stata tratta in inganno"

In un gesto di pubblica contrizione, l’ex ambasciatrice Elena Basile ha esteso le sue scuse alla senatrice a vita Liliana Segre, dopo aver sollevato un polverone mediatico con dichiarazioni che hanno scatenato non poche polemiche. L’epicentro di questa tempesta nasce da un video diffuso sui social network, in cui Basile ha mosso critiche alla Segre, infaticabile testimone della memoria storica, accusandola di mostrare una presunta indifferenza verso i bambini palestinesi.

Le parole di Basile, che suggerivano un atteggiamento di parzialità della Segre, hanno suscitato immediate reazioni, arrivando a coinvolgere anche il figlio della senatrice, Luciano Belli Paci, il quale ha annunciato azioni legali contro l’ex diplomatica. Ma è stata la risposta personale di Basile a delineare un percorso di riflessione e di scuse formali che trascende il mero dibattito pubblico, toccando corde profondamente umane e etiche.

Basile ha esposto la genesi del suo errore, attribuendolo a una lettura superficiale di un’intervista che attribuiva alla Segre posizioni non realmente espresse. “Sono stata tratta in inganno“, scrive Basile, esprimendo rammarico per il “terribile malinteso” che ha generato discussioni e divisioni.

L’ex ambasciatrice ha quindi delineato il suo percorso di presa di coscienza, attraverso la visione di interviste e testimonianze della Segre che le erano precedentemente sconosciute. Queste parole, secondo Basile, hanno rivelato una realtà ben diversa da quella che aveva criticato: una Segre emotivamente coinvolta dalla situazione di tutti i bambini, indipendentemente dalla loro etnia o provenienza.

Con umiltà, Basile ha quindi esteso le sue scuse alla Segre, riconoscendole “statura morale” e evidenziando la necessità di contrastare il clima di tensione, di antisemitismo, e le discriminazioni basate su “due pesi e due misure“. Il suo appello si conclude con il desiderio di vedere un impegno concreto da parte delle istituzioni italiane, incluso il presidente della Repubblica, nel riconoscimento dello Stato di Palestina, sottolineando una visione di pace e di giustizia che trascende le singole vicende personali.

Questo episodio si inserisce in un contesto più ampio di dialogo e di confronto sulla memoria storica, sulla giustizia e sui diritti umani, dimostrando come la capacità di ammettere i propri errori e di chiedere scusa possa essere un potente catalizzatore di comprensione reciproca e di crescita personale e collettiva.

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