La presidente della Camera, Laura Boldrini, ospite alla presentazione del “Manifesto contro la disuguaglianza” organizzato da Nens e Etica ed Economia ha affermato: “L’Italia cresce meno anche perché da noi le diseguaglianze sono maggiori. La diseguaglianza tra italiani e non italiani mina la convivenza sociale. Le diseguaglianze sono un male oscuro che alimenta i populismi e dare una risposta rappresenta una priorità”.
All’iniziativa erano presenti Romano Prodi, Vincenzo Visco, presidente del Nens, e Maurizio Franzini, presidente di Etica ed Economia. La presidente della camera ha continuato dicendo che la legge di bilancio indica l’impossibilità di fare miracoli ma che è possibile invertire la tendenza e prestare attenzione alle fasce più deboli mettendo sul piatto maggiori stanziamenti. Secondo la Boldrini, quindi, la chiave di volta è il lavoro per i giovani, perché la precarietà uccide e servono investimenti pubblici, gli sgravi fiscali non possono essere sufficienti.
La presidente sentenzia che è compito della politica occuparsene, non del mercato, le classi dirigenti devono prenderne atto, il processo non è stato governato ma affidato al mercato, che ha accresciuto le diseguaglianze. “C’è addirittura chi sostiene che le diseguaglianze fanno bene ma proprio il Manifesto utilizza varie ricerche e dati per mostrare che le diseguaglianze sono un freno inaccettabile perché sono un problema etico ma anche economico, rappresentando un’ipoteca sulla crescita” ha concluso la Boldrini, dicendo che la consapevolezza non basta, occorrono fatti, le diseguaglianze da anni bloccano la possibilità di andare avanti, di rispettare la Costituzione.
Intanto alla camera è scoppiata una bagarre. Il linguisticamente corretto, l’adozione di un linguaggio rispettoso delle differenze di genere in tutti gli atti e i documenti sta creando notevoli problematiche: le dipendenti si sono ribellate alle qualifiche al femminile sui cartellini imposti.
Entro il 25 settembre, le dipendenti della Camera dovranno indossare i nuovi badge con la declinazione della loro mansione al femminile, il consigliere donna diventerà “consigliera”, l’addetto stampa si trasformerà in “addetta”. Il codice linguistico boldriano ha surriscaldato i sindacati, le donne non vogliono divenire “segretaria”, lo considerano un oltraggioso passo indietro verso definizioni discriminatorie: il termine “segretario” è stato sancito da rivendicazioni sindacali atte a superare una concezione riduttiva di una professionalità che era identificata come la persona tuttofare.