La Boldrini propone il consenso scritto per consentire di fare sesso

La proposta di legge firmata da Laura Boldrini torna alla ribalta all’indomani della condanna di Ciro Grillo, suscitando dibattito sul ruolo del consenso formalizzato e sulle modalità pratiche di applicazione.

La Boldrini propone il consenso scritto per consentire di fare sesso

Nei giorni successivi alla sentenza di condanna in primo grado di Ciro Grillo e dei suoi amici, la politica italiana si è trovata a fare i conti con un’idea che molti definiscono “ludica” o addirittura inverosimile. La senatrice del Partito Democratico Valeria Valente ha infatti riproposto la famosa iniziativa dell’ex presidente della Camera Laura Boldrini, secondo cui prima di un rapporto intimo i partner dovrebbero sottoscrivere un documento scritto per attestare la propria volontà.

L’obiettivo dichiarato è chiaro: tutelare le donne, garantendo che ogni interazione avvenga in maniera consapevole e libera da coercizioni. Secondo Valente, la normativa si collocherebbe in continuità con la Convenzione di Istanbul, che sancisce come imprescindibile il consenso esplicito per definire un rapporto come libero. La proposta prevede un “contratto” da firmare prima di un eventuale incontro intimo, per evitare che un episodio di violenza venga travisato o mal interpretato nelle aule giudiziarie.

L’idea si inserisce in un dibattito più ampio sulla protezione delle persone e sulla necessità di strumenti legislativi aggiornati e concreti. Nonostante l’intento dichiarato, la proposta ha sollevato numerose perplessità. La complessità pratica di far firmare un documento prima di un rapporto rende difficile immaginare una reale applicazione quotidiana. Come si potrebbe gestire un cambiamento di opinione nel corso della relazione?

E quali effetti avrebbe un documento del genere in un contesto giudiziario? Il rischio, secondo molti critici, è che la legge si trasformi in un esercizio teorico più che in uno strumento efficace di tutela. Inoltre, l’idea del cosiddetto “green pass dell’amore”, come l’hanno soprannominata alcuni commentatori, rischia di apparire più come una trovata mediatica che come un intervento normativo concreto.

La normativa già esistente contro gli abusi prevede implicitamente l’assenza di consenso come elemento centrale: è su questo principio che si basano le sentenze dei tribunali, inclusi casi come quello di Grillo. Inserire un passaggio burocratico aggiuntivo, per quanto simbolico, potrebbe quindi risultare superfluo e difficilmente implementabile nella realtà. In definitiva, la proposta Boldrini-Valente evidenzia la tensione tra necessità di tutela e praticabilità delle norme. Se da un lato richiama l’attenzione sull’importanza del consenso e sulla protezione dei più vulnerabili, dall’altro dimostra come alcune iniziative legislative possano apparire distanti dalla vita quotidiana, generando più polemica che risultati concreti. Rimane dunque fondamentale lavorare su strumenti efficaci, educazione e sensibilizzazione, piuttosto che su soluzioni formalistiche che rischiano di complicare ulteriormente la materia.

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