“Io firmo un decreto per bloccare le Ong prima che entrino in acque italiani e le motovedette della guardia di finanza e della guardia costiera, anziché fermarle, le accompagnano fino a Lampedusa. Mi chiedo allora a che serve il ministero della Difesa”. Queste le parole di Matteo Salvini. Detto fatto: il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, ieri ha deciso di mobilitare le forze armate contro le Ong.
Le navi della marina militare e della guardia di finanza, che dalla marina dipende, saranno infatti schierate davanti ai porti italiani per impedire che navi “umanitarie”, come la Sea Watch o la Alex, possano forzare i posti di blocco imposti dal Viminale. È quando è stato deciso ieri, nel corso del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, riunito dal ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Elisabetta Trenta, dopo aver criticato Salvini per aver voluto sospendere l’operazione Sophia, che di fatto ci aveva seppelliti di profughi di ogni colore e nazionalità, ha annunciato che intensificherà la presenza della marina nel Mediterraneo, e che procederà con controlli aerei e radar mirati a intercettare i barconi prima che partano dalla Libia, in quello che è un vero e proprio blocco navale.
Da parte degli ufficiali militari, però, non mancano le preoccupazioni. Pur essendo d’accordo con la decisione presa dal comitato per la sicurezza, i militari affermano che non basta sorvegliare i porti per frenare l’immigrazione, ma che è necessario supportare il blocco del Viminale con accordi bilaterali tra l’Italia e altre nazioni (come la Tunisia, per esempio), così da rispedire indietro gli eventuali migranti recuperati in mare.
Matteo Salvini, dal canto suo, non ha alcuna intenzione di ripetere l’errore commesso dalla sinistra che, firmando l’operazione Sophia, trasformò l’Italia in un hot spot d’Europa, consentendo a migliaia di profughi di giungere nel nostro Paese. Molti dei quali, non avendo trovato alcuna forma di integrazione, si sono trasformati in clandestini e, spesso, anche in delinquenti.