Il referendum costituzionale i motivi del “SI” e “NO” nel dettaglio

Prossimi al referendum costituzionale del 4 dicembre: votare SI o NO una scelta difficile? Ecco per capire e scegliere in piena autonomia nel dettaglio cosa significa realmente votare “SI” o “NO”

Il referendum costituzionale i motivi del “SI” e “NO” nel dettaglio

Il Referendum costituzionale è alle porte, il prossimo 4 dicembre tutti gli italiani sono chiamati alle urne, pronti a votare sulla riforma costituzionale indetta dal governo Renzi. La riforma attualmente è già stata approvata dal Parlamento italiano. Può entrare in vigore esclusivamente se il referendum costituzionale avrà un esito positivo.

Andiamo per ordine per capire come i motivi del “SI” potrebbero migliorare l’attuale sistema italiano e invece cosa significa votare “NO”.

Il “SI” al referendum pone un vero mutamento nel Senato, in quanto oggi i senatori eletti dai cittadini sono 315, con il “SI” verrebbero dimezzati di “100 rappresentati eletti in maniera indiretta”. Precisamente dei 100 membri: 74 verranno nominati dai Consigli Regionali attraverso il sistema proporzionale con l’elezione del popolo, mentre, gli altri 21 sarebbero scelti tra i Consigli Regionali e tra i sindaci della Regione. Il Presidente della Repubblica sceglierà gli ultimi 5 senatori. 

Ecco le modifiche della riforma nel dettaglio:

– Verranno discusse e votate dal Senato insieme alla Camera solo le leggi che inerenti ai rapporti tra Stato, Unione Europea e Territorio. Poi le: “leggi costituzionali, revisioni della Costituzione, leggi sui referendum popolari, leggi elettorali, leggi sulla Pubblica Amministrazione, leggi su organi di governo e sulle funzioni di Comuni e Città Metropolitane”;

– Per le leggi ordinarie il Senato può chiedere la revisione entro 10 giorni alle Camere. Tuttavia la Camera ha la facoltà di non accogliere le modifiche proposte dal Senato e procedere con la votazione finale;

– I disegni di leggi devono essere approvati da tutto il Senato per essere presentati alla Camera;

Lo scopo del “SI” è quello di “velocizzare l’iter legislativo” assicurando più poteri alla Camera dei Deputati e di modificare il Senato in una “Camera delle Regioni”. Infatti, il “SI” della riforma costituzionale porta il grembo l’abolizione del Consiglio Nazionale dell’Economia del Lavoro (CNEL). Non solo, saranno abolite le Provincie, e i loro compiti verranno ripartiti tra i Comuni e le Città Metropolitane.

Con l’Italicum la Camera dei Deputati avrà l’alleanza vincitrice per un governo fermo unico, in quanto il Senato non possiederà più il potere di sfiduciare il governo.

Il “NO”al referendum mette in rilievo le modifiche imposte al Senato circa le competenze da condividere con la Camera dei Deputati. Le due Camere con la riforma hanno il potere legislativo concorrenziale. I dubbi sono rivolti alla competenza, infatti si presuppone che le leggi vengano analizzate caso per caso, per capire se includono competenze del Senato. Un procedimento che rallenterebbe di gran molto l’iter legislativo ponendosi in contrasto con la stessa riforma.

I punti critici sono rivolti alle modalità delle nomine. Infatti, con la riforma i poteri del Senato sono ridotti al minimo, raffigurando inutile il collegamento tra Stato e amministrazioni locali. Segnalando il rischio di modificare i senatori in “rappresentanti della maggioranza al potere nella singola regione, più che della regione in quanto tale”.

Il governo con la riforma avrà un “canale preferenziale” in quanto potrà richiedere direttamente al Parlamento la realizzazione del proprio programma. La Camera avrà cinque giorni di tempo per accogliere le richieste del governo, mentre per approvarle avrà 70 giorni, è previsto uno slittamento di rinvio di 15 giorni.

Ora questa procedura non è valida per le seguenti leggi di competenza del Senato: “leggi elettorali, ratifica di trattati internazionali, leggi di amnistia e indulto e leggi di bilancio”.

Il punto più discusso e difficile da capire riguarda la riforma “Titolo V”, i punti critici riguardano:

– La definizione di “competenza concorrente” viene eliminata;

– La “clausola di supremazia” lo Stato interviene nelle competente non “esclusive” delle Regioni e nei casi di “interesse nazionale”;

– Il “regionalismo differenziato” con il quale le Regioni non a Statuto Speciale possono fruire di determinate forme di autonomia, a patto che il loro bilancio sia in equilibrio.  

In breve con la riforma lo Stato raggrupperà l’autorità su tutti i poteri. Attualmente questo non è così.  Oggi il Parlamento italiano è composto da Camera e Senato con uguali poteri nel modificare le leggi e porre la sfiducia al governo.

Infatti, in una “lettera aperta” inviata al governo lo scorso aprile, ben 56 costituzionalisti hanno portato alla luce il rischio di una rilevante confusione legislativa.

Inoltre nel Titolo V sono previste le: “leggi bicamerali, leggi monocamerali ma con possibilità di emendamenti da parte del Senato, differenziate a seconda che tali emendamenti possano essere respinti dalla Camera a maggioranza semplice o a maggioranza assoluta”. Sicuramente una baraonda di leggi in controtendenza con l’iter di velocizzazione legislativi. 

Nell’ipotesi che al Referendum Costituzionale vincessero i “NO” (forse) potrebbe cadere il governo Renzi. Resta da valutare come il Presidente del Consiglio gestirebbe la situazione, comunque in vista di una vittoria “NO” sicuramente ci sarebbe una possibile presentazione di una mozione di sfiducia al governo.

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