Covid, come politici e virologi si sono improvvisati falsi profeti del 2020

Nell'anno appena trascorso virologi e politici nostrani hanno assunto il ruolo di veggenti dalle scarse abilità divinatorie. Le loro profezie sono fallite mentre loro guadagnavano notorietà mediatica

Covid, come politici e virologi si sono improvvisati falsi profeti del 2020

L’anno 2020 sarà ricordato come l’anno del Coronavirus, ma sarà ricordato anche come l’anno in cui esimi politici e virologi si sono esibiti in previsioni che sono tutte miseramente fallite. Il Covid-19 ha fatto la sua comparsa in Italia il 24 febbraio, con il primo paziente ricoverato a Codogno, ma è accertato che esso circolava nel nostro Paese già da settembre del 2019. Inutilmente i medici di base aveva segnalato alle aziende sanitarie casi di polmonite anomali riscontrate nei loro pazienti. Forse si è solo cercato di non allarmare la popolazione, ma testimonianze dirette dicono che già allora i medici e gli infermieri che lavoravano negli ospedali indossavano le mascherine davanti a pazienti affetti dalla febbre.

Quando poi il bubbone è scoppiato, i vari esperti hanno cercato di minimizzare il pericolo, rendendo un favore alla pestilenza dilagante. Già a febbraio, infatti, il virologo Roberto Burioni affermava che il Covid non era una malattia di cui preoccuparsi. Poi abbiamo capito che c’era da preoccuparsi, eccome. Il professor Massimo Galli, invece, sosteneva che la pandemia non avrebbe fatto danni, salvo poi ricredersi davanti al bollettino di vittime quotidianamente snocciolato dai media. Da non dimenticare le parole della virologa Ilaria Capua, secondo cui il Covid non era aggressivo, e le dichiarazioni della dottoressa Maria Rita Gismondo, che aveva dipinto il Covid come una banale influenza.

Non solo i virologi: nella schiera delle Cassandre si sono aggiunti anche i politici. La sinistra, in particolare, aveva ritenuto inutile andare in giro con la mascherina e tappare gli italiani in casa, poi ha capito che il lockdown era indispensabile per evitare una catastrofe sanitaria. Anche dopo il lokdown le false previsioni sono continuate. Come se politici e virologi si fossero tutti seduti intorno a un tavolo verde per giocare d’azzardo scommettendo la pelle altrui. Tra questi, il Comitato tecnico-scientifico, secondo cui con la riapertura ci sarebbero dovuti essere 150mila malati di Covid in terapia intensiva entro giugno. Una cifra che sarebbe giunta a 430mila entro la fine dell’anno. Nulla di più falso.

Ma non è finita qui. Chi non ricorda il professor Alberto Zangrillo che aveva osato definire “clinicamente morto il virus”? E invece il virus non era affatto morto, e gli italiani se ne sono accorti in autunno, con una recrudescenza delle vittime. Stesso discorso per il viceministro alla Salute, Pier Paolo Sileri, che tanquillizzava gli italiani con una profezia degna del miglior mago Otelma: “Si parla di una nuova violenta ondata del virus a settembre-ottobre, ma io non credo che così sarà”.

Politici e virologi trasformati in profeti falliti, dunque, spalleggiati da un governo che ha dimostrato tutte le sue lacune nella gestione della pandemia. Basti pensare al premier Giuseppe Conte che, il 30 gennaio 2020, quando da Wuahn arrivavano notizie sconfortanti sull’epidemia, aveva giurato: “Siamo pronti e siamo preparati”. E invece non eravamo né pronti e né preparati. Né davanti alla prima ondata né davanti alla seconda. E così il governo ha dovuto annunciare nuove misure restrittive e inventarsi il modello dell’Italia a colori, con limitazioni differenziate tra le varie Regioni, una sorta di lockdown indolore, ma beffeggiante e a lungo andare controproducente. 

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