L’idea di introdurre la castrazione chimica come forma di pena per gli autori di reati carnali non è nuova in Italia, ma ha recentemente ripreso vigore grazie all’impulso dato dalla Lega, il partito di governo guidato da Matteo Salvini. Questa proposta ha suscitato un acceso dibattito nella società italiana, spaccata tra coloro che vedono nella castrazione chimica una misura giusta e necessaria per contrastare i reati carnali e chi, invece, la considera una soluzione inefficace e problematica dal punto di vista etico e legale.
L’ultima serie di questi tristi episodi, tra cui la vicenda della giovane donna a Palermo e delle due cugine minorenni a Caivano, ha portato il vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini, a rilanciare l’idea di introdurre la castrazione chimica come possibile forma di punizione per gli autori di tali atti. La Lega ha annunciato l’intenzione di presentare un emendamento alla legge Nordio-Piantedosi-Roccella, proponendo l’introduzione della castrazione chimica.
Tuttavia, nonostante la forte spinta politica, l’idea non è priva di controversie. Già nel 2008, l’ex presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini, aveva avanzato una proposta simile. Nel 2018, un emendamento al decreto sicurezza presentato da Fratelli d’Italia chiedeva l’introduzione della castrazione chimica. Nel 2019, Carlo Nordio, attuale ministro della Giustizia, aveva criticato questa proposta come un “ritorno al Medioevo“, sottolineando le limitazioni e le inefficacie potenziali della misura.
Il dibattito si estende anche all’ambito internazionale. La castrazione chimica come forma di pena per reati carnali è già in uso in vari paesi, tra cui Stati Uniti, Regno Unito, Israele, Russia, Polonia, Nuova Zelanda e Portogallo. Tuttavia, le modalità di attuazione e la legislazione variano ampiamente da nazione a nazione. Ad esempio, in alcuni paesi, la castrazione chimica viene attuata come parte di un percorso riabilitativo o come alternativa parziale alla reclusione, mentre in altri, come Russia e Polonia, può essere eseguita senza il consenso del condannato.
In Italia, la castrazione chimica è concessa solo per il trattamento di gravi patologie, non come forma di punizione. Secondo Gaetano Facchini, primario di Oncologia dell’ospedale Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, la castrazione chimica è realizzata mediante l’uso di farmaci antiandrogeni che inibiscono l’attività ormonale. Le iniezioni vengono somministrate a intervalli regolari, riducendo i livelli di estrogeno nelle donne e testosterone negli uomini. Tuttavia, a differenza della castrazione chirurgica, quella chimica è reversibile.
Il dibattito sulla castrazione chimica per reati carnali coinvolge aspetti legali, etici e scientifici. Da un lato, sostenitori argomentano che potrebbe servire come deterrente efficace e contribuire a proteggere la società dalle recidive. Dall’altro, i critici sollevano preoccupazioni riguardo alla violazione dei diritti umani, alla possibilità di abusi e al fatto che potrebbe non affrontare appieno le cause profonde di questi comportamenti.