Offende pesantemente un disabile e poi chiede scusa, il racconto diventa virale (2 / 2)

a una presentazione del mio libro, fuori una pioggia obliqua cade contro i finestrini. Il treno ferma a una stazione di cui non leggo il nome, alla stazione sale un ragazzo disabile, lo portano su in tre. Il ragazzo è in carrozzina e ha il busto piegato in avanti da un’evidente malformazione. Lo spazio del vagone riservato alle carrozzine è occupato da due ingombranti valigie, il controllore dice a voce alta: ‘Di chi sono questi bagagli?!’ senza ottenere risposta, allora urla: ‘DI CHI SONO QUESTI BAGAGLI?!’ e

d’un tratto un uomo sui cinquanta si volta da due sedili più avanti, il controllore lo vede e gli intima: ‘Li sposti subito, per piacere’. L’uomo sui cinquanta si alza, va a prendere le valigie ma lamentandosi col controllore che insomma, è un’indecenza, sul treno i suoi bagagli nel vano apposito non ci stanno e ora lui dove li mette. (…) È a quel punto che l’uomo si lascia sfuggire la frase, a bassa voce. *Perché questi non se ne stanno a casa invece di andare in giro*, dice. (…) La signora sui settanta invece si alza, si volta, si piazza davanti all’uomo, gli dice: “Lei si dovrebbe vergognare, perché non se ne sta a casa 

lei invece di andare in giro e costringerci a sentire le sue sciocchezze!” (…) Un istante dopo l’uomo si alza, va verso il ragazzo disabile, si ferma davanti a lui.
“Scusami davvero”, dice, “sono un imbecille.”
Il ragazzo alza gli occhi.
“Tranquillo”, gli dice. “Da quello se vuoi si può guarire”. (…) E mi viene in mente che per avvicinare gli esseri umani sarebbero sufficienti quasi sempre tre sole cose: un calcio in culo al momento giusto – da chi si assume la responsabilità di dartelo -, la capacità di chiedere scusa, un sorriso ricambiato.
Basterebbe poco, davvero.
Basterebbe ricordarselo.”.

 

Il racconto è diventato virale, ha raccolto centinaia di commenti e migliaia di condivisioni.