Luka Modric, dall’infanzia da rifugiato con la paura di morire… alla finale Mondiale (2 / 2)

Modric è vicino a toccare il cielo con un dito, come si suol dire, ma nella sua infanzia ci sono state molte più ombre che luci. Il capitano della Croazia è nato nel 1985, quindi nei primissimi anni ’90, quelli della guerra dei balcani, era un bambino. Un bambino che già sognava di diventare un grande calciatore, come testimonia chi lo conosce da una vita: “Tutti i giorni veniva, con il suo pallone, e tirava fino allo sfinimento contro il muro di un cortile di un Hotel. Nell’ospedale per rifugiati giocava nei corridoi e andava a dormire con il suo pallone per non perderlo di vista nemmeno un attimo”.

“Ospedale per rifugiati”, sì perché Luka a 6 anni ha già vissuto le atrocità della guerra sulla sua pelle. Suo nonno, nel settembre del 1991, fu ucciso dai serbi a fucilate a pochi passi da casa sua. Erano tempi di bombardamenti continui su molte zone della Croazia, per cui Luka e la sua famiglia erano in perenne fuga per non morire. Nonostante tutto, Modric non ha mai abbandonato il sogno di diventare un calciatore. Oltre alla paura di morire, c’erano anche i giudizi impietosi di alcuni ‘esperti’: “Luka è troppo magro, troppo gracile, non diventerà mai un calciatori ad alti livelli”.

Oggi (domenica 15 per essere precisi) Modric ha la possibilità di aggiungere un altro trofeo alla sua bacheca: quel Mondiale con la Croazia che avrebbe un sapore ancora più dolce della Champions con il Real Madrid. Muhammad Lila, in un tweet, in sole cinque frasi, è riuscito a sintetizzare la storia di Luka: “Quando aveva 6 anni, suo nonno fu assassinato. Insieme alla sua famiglia, ha vissuto da rifugiato in una zona di guerra. È cresciuto sentendo il rumore delle granate che esplodevano. I suoi primi allenatori dicevano che era troppo gracile e timido per giocare a calcio. Oggi Luka Modric ha portato la Croazia a giocare la sua prima finale Mondiale della storia”.