Tuttavia forse nemmeno lui poteva prevedere quanto, purtroppo, ci avesse visto lungo. Poiché se dapprima Ugo Fantozzi rappresentava la macchietta, l’iperbolico antieroe dell’età industriale, dell’epoca d’oro dell’impiego garantito in ufficio e della casa in equo canone, ad oggi la sua figura è diventata tragicamente reale. Lo stesso attore ebbe infatti a dire che: “Il Fantozzi degli anni del boom, dove erano tutti ricchi e l’Italia era il quarto paese industrializzato del pianeta, era un’eccezione: faceva ridere. Adesso, sinceramente, l’Italia è diventata un paese, beh, piuttosto povero, diciamoci la verità“.
“C’è gente che non lavora, c’è gente che fino a 40 anni vive in casa della nonna, quindi direi che Fantozzi non fa più tanto ridere, ma può essere amato in quanto ti libera dal timore di essere isolato in quel tipo di incapacità ad essere competitivi. Ti rendi conto che Fantozzi lo sono diventati il 99% degli italiani“. Una constatazione senz’altro amara, che rende però palese la genialità e le intuizioni dell’artista, il quale seppe a suo modo – e probabilmente suo malgrado – dare un’occhiata al futuro che le abitudini di quell’epoca prospettavano all’Italia.
Per questa ragione il lascito di Paolo Villaggio non potrà mai venire dimenticato, poiché come spiegato dallo stesso amico Ricky Tognazzi: “Per il cinema italiano ha rappresentato un modello di rottura della canonica commedia all’italiana. Riusciva a raccontare le cose vere in modo molto sardonico e sincero“. Poche parole quelle che invece la figlia Elisabetta ha voluto dedicare al padre su Facebook; poche ma significative e sicuramente evocative: “Ciao papà, ora sei di nuovo libero di volare“.