La storia di Paola, costretta ogni anno a certificare di essere viva per poter incassare 75 euro di pensione (2 / 2)

Per effetto della reversibilità la signora 87enne, da quando è diventata vedova alla morte del marito, è costretta a percepire una quota dalla sua pensione. Per questo motivo la signora Paola ogni volta si deve recare presso lo sportello sanitario per richiedere il certificato di esistenza in vita. Dopo la signora si deve recare al Comune con il certificato ottenuto dai medici, con il visto dell’anagrafe e in allegato il certificato di vedovanza.

Tutta questa assurda burocrazia ha un prezzo che sottratto alla pensione integrativa della signora Paola, se ne va metà mese solo per poter affrontate tutte le procedure per poter incassare la misera pensione. La signora milanese Paola ha detto al Corriere della Sera che in passato era costretta a fare le lunghissime code agli sportelli, mentre attualmente serve un appuntamento. Fortunatamente oggi il certificato di esistenza in vita lo rilascia direttamente l’ Uffico Anagrafe del Comune, evitando alla signora una carogna in meno. Ma comunque è costretta a pagare 16 euro per tutti gli altri certificati richiesti per poter incassare una pensione già da sè misera.

Dopo aver pagato i certificati con in più i diritti di segreteria, l’importo della pensione vale davvero il nulla più totale. Sono tante le perplessità che avvolgono la signora Paola, che si sente umiliata da tutte le pratiche burocratiche che è costretta a subire per incassare poco meno di 75 euro. Molti sono i quesiti in cui si interroga, basterebbe che lo Stato si fidasse di più dei suoi cittadini, invece sono sempre loro che ci vanno a rimettere. La signora Paola non vuole che vengano aboliti i controlli, ma che bastasse semplicemente un’autocertificazione o una telefonata oppure anche un messaggino su WhatsApp.