Il giudice: creare gruppi WhatsApp per segnalare posti di blocco non è reato (2 / 2)

Va considerato infatti, lo scarso numero dei partecipanti della chat paragonato al numero della popolazione che circola nella strada tutti i giorni. Sembrerebbero essere finiti dunque i tempi nella quale gli automobilisti si segnalavano i posti di blocchi con l’aiuto degli abbaglianti. Un  giudizio diverso invece era stato espresso  a riguardo dei 62 indagati di Agrigento, alla quale era sta contestato il reato penale di interruzione di servizio pubblico nel novembre scorso. 

I partecipanti siciliani della chat denominata

Uomini immiezzu a via”.

Al tempo gli investigatori hanno dichiarato che il gruppo in questione si era rivelato molto attivo nella segnalazione e dunque un sistema efficace per evitare i controlli delle forze dell’ordine. Era stato anche sostenuto che gli organizzatori dei gruppi rischiavano veramente tanto, riportando l’articolo 340 del codice penale infatti: 

 “Chiunque cagioni un’interruzione o turbi la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, è punito con la reclusione fino a un anno. Inoltre i capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni“. Questo riporta il codice penale ma evidentemente quello dei gruppi WhatsApp non è il caso di applicazione dell’articolo.