Tra tutti i programmi che attualmente spopolano nei palinsesti delle reti televisive italiane, i reality show sono certamente fra quelli che hanno riscosso e continuano a riscuotere maggiore successo di pubblico. La critica…beh, con ogni probabilità parlare di “critica televisiva” quando si ha a che fare con questo genere di situazioni è un po’ fuori luogo, dal momento che i reality show non hanno di per sé alcuna velleità qualitativa, ma solamente l’esigenza di abbattere i record di ascolti tramite concetti molto basilari.
Questi concetti, come noi tutti sappiamo, s’incarnano sempre in quel dualismo che risiede nelle parole “familiarità” e “shock”. Familiarità perché gli spettatori da casa devono sentirsi partecipi di quanto sta accadendo sul loro schermo, devono immedesimarsi in qualcuno tra i protagonisti e devono trovare, nei personaggi odiati, dei tratti caratteristici di persone che nella loro vita detestano anche loro. Insomma devono effettuare una sorta di trasnfert per le emozioni che nella vita reale non riescono ad esprimere, sublimandole in questo modo attraverso la visione di “qualcun altro” che le vive al posto loro.
Il principio dello shock è funzionale a quanto detto finora poiché nessuno vuole vedere la televisione per annoiarsi: è necessario che si creino i giusti presupposti per far fermentare l’aspettativa e che ciò che andrà in onda sappia colpire lo spettatore, anche negativamente se necessario, ma spingere la sua mente a volerne di più; a chiedere più informazioni. E nel caso di un evento negativo, di esigere la “giusta punizione” da casa. Anche questo dopotutto è un modo, seppure straordinariamente artificiale ed artificioso, di soddisfare molte pulsioni.