Coronavirus, il paziente uno è sveglio. Le sue prime parole: “Sono all’ospedale di Lodi?” (2 / 2)

Mattia è stato definito il paziente uno perché, oltre a essere il primo a essere ricoverato in terapia intensiva, ha confessato ai medici di aver cenato con alcuni amici, tra cui uno da poco rientrato dalla Cina. A partire da quel 20 febbraio, la situazione in Italia è man mano precipitata. Fino ad arrivare alla notizia di oggi, la dichiarazione dell’OMS di “pandemia globale”.

Mattia ora vede la luce in fondo al tunnel. Dopo circa venti giorni di terapia intensiva, da qualche ora il 38enne è in terapia subintensiva. Respira autonomamente, dunque. Parla, soprattutto. Le sue prime parole, come riportano il Corriere della Sera e Repubblica, sono quelle che pronuncerebbe chiunque si sia appena risvegliato da un coma.

“Mi trovo nell’ospedale di Lodi?”, avrebbe chiesto Mattia. La risposta, com’è noto, è no. Il 38enne si trova a qualche decina di chilometri di distanza da Lodi, all’ospedale San Matteo di Pavia. Per guarire, l’uomo è stato sottoposto a una terapia d’urto con un cocktail di farmaci antivirali, antibiotici e, in via sperimentale, anche di alcuni utilizzati per curare l’HIV. Questa cura aggressiva ma effiace è utilizzata solo per quei soggetti che non hanno un fisico e un organismo già debilitati da altre malattie.