Il T. rex come non l’abbiamo mai conosciuto: piumato, lento e forse non così temibile

Le nuove scoperte scientifiche rivoluzionano l’immagine tradizionale del T. rex, svelandolo come un animale più lento, piumato e forse persino saprofago, molto diverso dall’inarrestabile predatore raccontato dal cinema.

Il T. rex come non l’abbiamo mai conosciuto: piumato, lento e forse non così temibile

L’immagine iconica del Tyrannosaurus rex, immobile su due zampe massicce, le mascelle spalancate pronte a ghermire, e la coda che si agita mentre insegue una jeep a tutta velocità tra il fango tropicale, appartiene ormai più al regno del cinema che a quello della scienza. Le nuove ricerche, basate su analisi biomeccaniche avanzate e studi comparativi tra fossili e animali attuali, stanno riscrivendo in profondità la biografia di uno dei dinosauri più famosi di sempre.

Il re dei predatori, secondo l’Università della California a Berkeley, era sì maestoso, ma molto meno atletico e ben più simile, nell’aspetto, a un gigantesco volatile preistorico. Una delle revisioni più sorprendenti riguarda la velocità. Fino a poco tempo fa si pensava che il T. rex potesse raggiungere i 60 chilometri orari. Oggi sappiamo che difficilmente superava i 32-40 km/h. Per una creatura che superava le otto tonnellate di peso, ogni falcata era un’impresa biomeccanica, tanto che correre a lungo era pressoché impossibile.

Gli studi su coda, zampe e muscolatura lo confermano: la forza necessaria per un’accelerazione del genere avrebbe sollecitato lo scheletro oltre i limiti della resistenza ossea. In pratica, più che un corridore, era un maratoneta… a passo lento. Ma se non era un agile inseguitore, cosa mangiava?

Le evidenze suggeriscono una risposta sorprendente: carcasse. Alcuni paleontologi avanzano l’ipotesi che il T. rex fosse più simile a un grande spazzino che a un cacciatore attivo. I suoi denti seghettati e l’eccezionale forza del morso erano perfetti per frantumare ossa e divorare tessuti in decomposizione. Una visione che certo ridimensiona l’aura del predatore supremo, ma che lo rende anche molto più coerente con il suo habitat e la sua fisiologia.

A questa revisione si aggiunge anche il cambiamento estetico: niente più pelle squamosa e grigia, ma un corpo probabilmente ricoperto, in parte o in toto, di piume. Il piumaggio, come accade per molti uccelli, poteva avere funzioni legate alla termoregolazione, al corteggiamento o al mimetismo. È un dettaglio che avvicina ancor di più i dinosauri agli uccelli attuali, confermando il legame evolutivo che unisce questi due mondi all’apparenza così distanti.

Questo affascinante percorso di revisione scientifica dimostra come la paleontologia moderna non si basi più solo sull’osservazione dei fossili, ma sfrutti una sinergia di discipline: biologia, fisica, chimica e persino intelligenza artificiale. Studiando gli animali viventi, come gli struzzi o i polli, si possono inferire dati che colmano i vuoti del passato. Anche dettagli apparentemente minori, come la struttura del respiro nei sauropodi, possono svelare verità inaspettate, grazie al confronto con gli attuali sistemi respiratori degli uccelli.

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