Il caso Cambridge Analytica torna sotto i riflettori con un nuovo capitolo che riguarda Meta e il suo amministratore delegato Mark Zuckerberg. Recentemente, Meta e i suoi vertici, tra cui Zuckerberg e l’ex COO Sheryl Sandberg, hanno raggiunto un accordo per la chiusura di una causa legale che chiedeva un risarcimento di 8 miliardi di dollari a seguito di ripetute violazioni della privacy degli utenti di Facebook.
Il valore della causa riflette la gravità degli eventi legati allo scandalo che aveva scosso il mondo della tecnologia e della politica alcuni anni fa. L’accordo è stato annunciato durante un’udienza in Delaware, poco prima dell’inizio del secondo giorno del processo. I dettagli dell’intesa rimangono per ora riservati e né gli avvocati della difesa né le parti coinvolte hanno rilasciato commenti ufficiali.
Il giudice ha tuttavia lodato entrambe le parti per aver risolto la controversia senza dover proseguire con un lungo e incerto procedimento giudiziario. La causa era stata intentata dagli azionisti di Meta, che avevano accusato Zuckerberg, Sandberg, il venture capitalist Marc Andreessen e altri ex dirigenti di non aver preso le dovute misure per prevenire le violazioni della privacy che, nel tempo, sono costate all’azienda multe per miliardi di dollari.
Il fulcro del contendere era la mancata osservanza da parte di Facebook di un accordo stipulato con la Federal Trade Commission (FTC) nel 2012, volto a proteggere i dati degli utenti. La violazione di quell’accordo aveva portato a una sanzione da 5 miliardi di dollari nel 2019. Gli azionisti avevano chiesto che i dirigenti rispondessero personalmente per le perdite subite dalla società, ma gli imputati avevano respinto le accuse definendole “estreme” e negando qualsiasi illecito.
L’udienza avrebbe dovuto includere testimonianze di alto profilo, tra cui quelle di Zuckerberg, Sandberg, Reed Hastings (cofondatore di Netflix) e Peter Thiel (cofondatore di Palantir). La decisione di chiudere la causa con un accordo ha permesso ai dirigenti di evitare testimonianze sotto giuramento e la possibile rivelazione di informazioni compromettenti, come ad esempio la cancellazione di email da parte di Sandberg, fatto che aveva indebolito la sua difesa.
La vicenda prende spunto dai cosiddetti “Caremark claims”, azioni legali che accusano i dirigenti di non aver vigilato adeguatamente per evitare problemi legali alla società. Tali cause sono difficili da vincere, poiché richiedono la dimostrazione che i leader abbiano agito in malafede, e non semplicemente commesso errori.
Lo scandalo Cambridge Analytica aveva rivelato che la società di consulenza politica aveva raccolto impropriamente dati di milioni di utenti Facebook senza il loro consenso, utilizzandoli per attenzionare gli elettori durante le elezioni presidenziali statunitensi del 2016 e altre campagne. Questo episodio aveva evidenziato gravi lacune nella gestione della privacy da parte di Facebook, scatenando indignazione globale, indagini e pesanti sanzioni. Nonostante la portata di quanto accaduto, per molti utenti Facebook lo scandalo sembra ormai un ricordo lontano. Per Zuckerberg e i dirigenti coinvolti, invece, resterà una pagina difficile da dimenticare. L’accordo da 8 miliardi segna però una chiusura importante, almeno sul piano legale, di una delle vicende più rilevanti nella storia della gestione dei dati personali online.