La tregua stipulata dalla Coalizione araba, capeggiata dall’Arabia Saudita, ed i ribelli Houthi nello Yemen, è ufficialmente conclusa. Sono ripartiti questa notte i raid verso le postazioni dei rivoltosi ad Aden, roccaforte del governo in esilio, che gli Houthi hanno cinto d’assedio per provare a conquistare anche l’ultima “bandierina” appartenente al Presidente Abd Rabbih Mansur Hadi, leader del Paese fino al golpe del 20 Gennaio 2015. Hadi è il Capo di Stato ufficialmente riconosciuto dalla Comunità Internazionale, ed era succeduto ad Ali Abd Allah Saleh nel 2012, scatenando le ire della popolazione yemenita.
Saleh era infatti il secondo al governo di Hadi, che aveva a sua volta controllato il Paese per più di trent’anni opprimendo le genti dello Yemen con uno spietato regime dittatoriale. Dopo la promessa di abdicare, Mansour Hadi aveva sì lasciato il potere, ma mettendo il Paese direttamente nelle mani del suo vice. Una beffa che ha contribuito a scatenare fortissime rivolte in tutta la nazione, e gli estremisti islamici Houthi hanno approfittato della ghiotta occasione per prendere il comando delle operazioni che hanno portato al colpo di Stato.
Ora i combattimenti sono sempre più serrati, e ieri è terminata la tregua; un evento prontamente inaugurato dagli Houthi con la ripresa su larga scala delle ostilità, e con la risposta dell’Arabia Saudita che ha bombardato le loro posizioni lungo tutta la frontiera. Il Ministro degli Esteri dello Yemen ha tuttavia annunciato che la decisione di non rinnovare il cessate il fuoco, è maturata a seguito delle numerose violazioni agli accordi degli Houthi: “E’ ciò che avevamo detto in precedenza: se loro riprendono, noi riprenderemo”. E così è stato.
I raid hanno interessato in particolar modo il palazzo presidenziale di Aden (controllato dai ribelli sciiti) e l’aeroporto cittadino, teatro di battaglia tra le milizie Houthi e le truppe fedeli al presidente deposto. Per ora non è stato reso noto il bilancio delle vittime.