Il Coronavirus (nome in codice COVID-19) è arrivato anche negli USA (Stati Uniti). In occasione della conferenza stampa tenuta da Donald Trump, i Centers for Disease Control and Prevention hanno ufficializzato il primo caso positivo nel continente americano in “Community Spread”. La nota che lascia interdetti è che il paziente in questione non ha viaggiato nei posti segnalati come potenziale rischio di diffusione, né è entrato a contatto con un contagiato.
Prima dell’ufficialità della diagnosi, il paziente era già ricoverato in un ospedale della California da una settimana e la notizia era confermata da un Twitter successivamente cancellato che era stato pubblicato da un microbiologo della UC Davis.
Coronavirus negli USA: come procederà Trump?
In sintesi, il paziente è stato ricoverato in ospedale già dal 19 febbraio, ma la patologia è stata confermata ed ufficializzata solo il 23 febbraio. La persona in questione è al momento intubata, ed essendo che già si pensava ad una possibile infezione virale, i medici avevano già preso le dovute precauzioni per il contatto, tosse e starnuti.
Nel frattempo, però, la paura ha contagiato il sistema universitario. Ben 5 università americane hanno sospeso i programmi Erasmus in Italia, ovvero quando gli studenti frequentano università di altri Paesi. Le tempistiche, però, che sono passate tra diagnosi e sospetti, non sono rassicuranti, perché gli operatori sanitari sono inconsapevolmente esposti a rischi.
L’università della California conferma che hanno avuto altri casi di COVID-19 e che sono stati già curati e alcuni dipendenti, proprio perché a contatto, sono stati tenuti a casa per tenere sotto controllo le temperature del proprio corpo. Solo in California, al momento, ci sono 8.400 persone in quarantena, dunque 8.400 persone che sono state a contatto con qualche contagiato, o che magari lo hanno avuto. A questi, però, si potrebbero aggiungere altre persone che, come già detto, non hanno nessun tipo di contatto con persone o zone focolaio.