Nel Sud dell’Australia è in corso una crisi ambientale senza precedenti. Da oltre quattro mesi, una fioritura incontrollata della Karenia mikimotoi – un’alga tossica nota per la sua capacità di uccidere la fauna marina – sta sconvolgendo gli equilibri dell’ecosistema costiero. Le conseguenze sono devastanti: centinaia di specie marine sono state decimate, la pesca è in ginocchio e il turismo in molte località balneari è drasticamente ridimensionato.
Il premier australiano Anthony Albanese ha risposto all’emergenza sbloccando fondi federali, mentre il governo del South Australia ha indetto una riunione d’urgenza con gli esperti per valutare l’evoluzione del fenomeno. L’estensione dell’alga è spaventosa: già a metà marzo occupava 4.400 chilometri quadrati e, nonostante l’attenuarsi delle temperature marine superficiali, la fioritura non si è fermata. Anzi, si è estesa ulteriormente. Le spiagge di zone turistiche molto frequentate come Kangaroo Island, la penisola di Yorke e quella di Fleurieu sono oggi disseminate di carcasse in decomposizione: squali, razze, granchi, polpi, spugne e altri invertebrati marini.
L’ecologa marina Adriana Verges dell’Università del Nuovo Galles del Sud ha parlato di una “mortalità su vasta scala che coinvolge quasi 500 specie”, evidenziando come anche gli organismi che costituiscono habitat fondamentali siano stati compromessi. Non meno grave è la situazione per la pesca e le comunità costiere.
Ian Mitchell, gestore di un mercato ittico ad Adelaide, ha dichiarato che molti pescatori non portano più a casa alcuna cattura da aprile, con evidenti ricadute economiche e sociali. Per arginare l’impatto, il governo federale ha annunciato un pacchetto da 14 milioni di dollari australiani (circa 8,5 milioni di euro), destinati al sostegno diretto dei pescatori, alla bonifica delle aree contaminate e al finanziamento di progetti di ricerca scientifica.
Ma a rendere ancora più allarmante la situazione è il legame diretto con il cambiamento climatico. Paul Gamblin dell’Australian Marine Conservation Society ha definito l’evento “un allarme rosso lampeggiante”, sottolineando come l’aumento delle temperature marine stia favorendo fenomeni prima considerati rari. Mai prima d’ora, infatti, l’Australia Meridionale aveva registrato una fioritura tossica di simili dimensioni e durata. Le autorità raccomandano alla popolazione di evitare il contatto con acque scolorite o schiumose, che possono provocare irritazioni cutanee e difficoltà respiratorie.
Secondo gli scienziati, le ondate di calore marine – sempre più frequenti e durature – stanno alterando profondamente l’equilibrio degli ecosistemi marini australiani. Le fioriture algali tossiche come quella in corso rappresentano solo una delle molteplici conseguenze del riscaldamento globale, e pongono con forza l’urgenza di interventi concreti a livello politico e ambientale.