UK: è morto il 12enne Archie Battersbee, la madre che non voleva fosse staccata la spina: "Ha lottato fino alla fine"

Il 12enne Archie Battersbee è morto, dopo lo spegnimento dei macchinari che lo tenevano in vita artificialmente. Lo strazio dei genitori, che hanno lottato in tribunale, convinti che il figlio non fosse cerebralmente morto, come stabilito dai medici.

UK: è morto il 12enne Archie Battersbee, la madre che non voleva fosse staccata la spina: "Ha lottato fino alla fine"

Dopo 5 mesi di battaglie legali, si è conclusa sabato 6 agosto la vicenda del 12enne Archie Battersbee. Come stabilito dal tribunale, i medici hanno staccato i macchinari che tenevano in vita artificialmente il giovane, nonostante le obiezioni dei genitori, che non hanno mai voluto credere che Archie non si sarebbe mai svegliato.

Dopo che i medici hanno staccato le spine alle 10, ieri alle 12:15, Archie è morto circondato dall’affetto della sua famiglia. Dopo la sua scomparsa, la madre Hollie Dance è apparsa davanti ai giornalisti, che attendevano davanti all’Ospedale Royal London di Londra, ed ha commentato: “Sono la mamma più fiera al mondo. Era un bambino così bello, ed ha combattuto fino alla fine, e sono fiera di essere sua mamma“.

Archie si trovava in coma dallo scorso 7 aprile, e la sua storia ha scosso l’opinione pubblica del Regno Unito. Il bambino, uno sportivo aspirante atleta olimpico, era stato trovato dalla madre privo di sensi nella sua stanza da letto a Southend, nell’Essex, con una corda al collo. Probabilmente il giovane stava prendendo parte ad una sfida sui social finita male.

Il giovane era rimasto senza ossigeno per troppo tempo, ed i medici hanno riscontrato un danno cerebrale irreversibile. Nonostante la conferma dei medici che Archie fosse clinicamente morto, la madre 46enne Hollie ed il padre, l’ex marito Paul Battersbee di 56 anni, non hanno mai abbandonato la speranza che potesse recuperare.

Hollie raccontava come credeva che il figlio le avesse stretto la mano, o avesse cambiato espressione nel viso, e diceva che sapeva istintivamente che “mio figlio è lì dentro“. Nei mesi di ricovero, ha parlato, letto e suonato le canzoni preferite al figlio, dormendo a suo fianco e svegliandosi ogni 40 minuti per controllare i macchinari. I genitori hanno portato la loro battaglia contro l’amministrazione ospedaliera, che voleva staccare la spina, fino alla Alta Corte, la Corte d’Appello e la Corte Europea dei diritti umani, tentando di dare più tempo ad Archie.

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