La Turchia è sempre più maglia nera della democrazia, ed i recenti rastrellamenti ordinati dal presidente Erdogan nei confronti degli oppositori politici – sovente sulla base di accuse sostenute da illazioni infondate, o peggio fabbricate ad hoc – non hanno fatto che incrementare la percezione esterna che nel Paese sia in atto un vero e proprio “Quarto Reich” in piena regola.
Con la differenza, rispetto al famigerato regime di Adolf Hitler, che nel caso della Turchia le basi ideologiche non siano esclusivamente nazionaliste, bensì nazional-religiose. Non è infatti un mistero che Recep Erdogan abbia più volte caldeggiato l’introduzione di una costituzione basata su precetti islamici, ed il falso golpe dello scorso 15 luglio ha permesso al presidente di spianarsi la strada verso questo obiettivo arrestando in massa i leader dell’opposizione laica.
Contestualmente sono stati messi a tacere anche numerosi giornalisti ed organi di stampa (anche questa non esattamente una novità del regime locale), ed ora è stato il turno di membri dell’opposizione filocurda. Il leader del partito HDP, notoriamente vicino alle richieste del popolo curdo, è infatti finito in manette insieme ad altri parlamentari con le accuse formazione (di) ed associazione (a) organizzazione terroristica.
Nello specifico l’accusa mossa dal Governo nei confronti degli undici arrestati è quella di essere il braccio politico del PKK, il partito dei lavoratori curdi che ha da tempo inaugurato una lotta armata nei confronti del regime turco, in risposta ai numerosi tentativi di genocidio operati dalla Turchia nei confronti dei curdi stessi.
Contestualmente il gruppo Turkey Blocks ha denunciato un’ulteriore violazione dei diritti civili con il blocco di diversi social network nel Paese compresi Facebook, Twitter e YouTube. Pesanti restrizioni sono state imposte anche all’utilizzo di Whatsapp ed Instagram. In tutto ciò l’Europa si dice “preoccupata”, ma al di là di qualche parola di circostanza spesa davanti alle telecamere, rimane a guardare e continua a lavorare per favorire l’ingresso della Turchia nell’Unione Europea. A dispetto dell’oramai ben più che manifesto nazionlislamismo di Erdogan.