Turchia e libertà negata: bloccati tutti i social network

Il provvedimento ha riguardato i principali social disponibili in Turchia, per evitare la diffusione delle foto del magistrato ucciso la scorsa settimana

Turchia e libertà negata: bloccati tutti i social network

Dopo le feroci polemiche scoppiate lo scorso anno per aver impedito ai turchi di poter accedere a tutti i social network per evitare di diffondere le denunce di corruzione contro il governo islamico-conservatore di Erdogan, lo stesso governo turco ha preso oggi un altro provvedimento del tutto simile: sarà vietato l’accesso a Facebook, Twitter e Youtube per evitare la diffusione delle foto del magistrato ucciso pochi giorni fa, durante il blitz delle forze governative che avrebbero dovuto liberarlo.

Per la precisione, l’evento del magistrato ucciso è avvenuto lo scorso 31 marzo, quando alcuni militanti del commando armato legato al DHKP-C (una formazione rivoluzionaria di ispirazione marxista-leninista), hanno preso d’assalto il palazzo di Giustizia a Caglayan (la parte occidentale di Istanbul), prendendo in ostaggio il procuratore, Mehmet Selim Kiraz. Il motivo? Era stato proprio il procuratore a portare avanti le indagini che avrebbero poi scagionato i poliziotti responsabili di aver ucciso, durante le proteste antigovernative del Gezi Park scoppiate nel giugno del 2013, un ragazzo di quindici anni, colpendolo alla testa con un lacrimogeno: il ragazzo rimase in coma diversi mesi, prima di morire, creando un grande sdegno in tutta l’opinione pubblica turca e non solo.

Lo scopo del commando armato, con il sequestro, era dunque quello di chiedere una pubblica ammissione di colpe nell’omicidio del giovane ragazzo; a titolo simbolico, quindi, prendendo come ostaggio il magistrato. Come tutti sappiamo, poi, durante il blitz delle teste di cuoio turche sono morti i due terroristi e, dopo alcune ore sotto i ferri, anche il giudice stesso, ferito mortalmente durante gli scontri. Queste nuove misure restrittive sui social sono state rese possibili dall’inasprimento delle leggi che consentono alle autorità di bloccarli in caso di emergenza, avvenuto lo scorso anno. Se ora si va su Youtube, in Turchia, appare peraltro il messaggio dell’Authority di Vigilanza delle Telecomunicazioni: la tensione è ormai alle stelle.

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