Il sindaco di Istanbul (ex Costantinopoli), Ekrem Imamoglu, uno dei principali avversari politici del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, è stato arrestato il 19 marzo 2025 nell’ambito di un’indagine che lo coinvolge in presunti casi di corruzione e legami con il PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, considerato un’organizzazione terroristica dal governo turco.
L’arresto ha scatenato una serie di reazioni politiche e sociali, con manifestazioni di protesta in tutta la Turchia e il rafforzamento delle restrizioni sui social media. Secondo i media turchi, Imamoglu è stato arrestato insieme ad altre 78 persone, tra cui il sindaco di Beylikduzu, Murat Celik, e il cantante Ercan Saatci. Le accuse principali rivolte al primo cittadino di Istanbul riguardano la “corruzione” e la “collaborazione con gruppi terroristici“, in particolare il PKK.
L’indagine, che ha coinvolto anche altre personalità politiche e membri del suo partito, il Republican People’s Party (CHP), ha portato all’emissione di numerosi mandati di cattura. La procura turca ha avviato due filoni d’inchiesta distinti, uno focalizzato su presunti reati di corruzione e l’altro sui legami con il terrorismo.
Imamoglu, che è stato eletto sindaco nel 2019 con una storica vittoria contro il partito di Erdogan, ha sempre mantenuto una posizione di forte opposizione nei confronti del governo. La sua popolarità è cresciuta non solo tra i cittadini di Istanbul, ma anche tra i sostenitori della democrazia in tutta la Turchia. La sua vittoria alle elezioni comunali del 2019 ha segnato una battuta d’arresto per Erdogan, che aveva controllato la città per oltre 25 anni.
Dopo la contestazione dei risultati delle elezioni, che hanno portato a una ripetizione del voto, Imamoglu ha vinto ancora una volta, consolidando la sua figura di leader dell’opposizione. L’arresto di Imamoglu ha suscitato una forte reazione da parte della sua base elettorale e dei partiti di opposizione.
In un video diffuso sui social media prima di essere arrestato, Imamoglu ha dichiarato di non volersi arrendere, definendo la situazione come una “grande tirannia” e assicurando che la sua lotta per i diritti e la giustizia non sarebbe cessata. “Mi affido ad Allah e poi alla nostra nazione“, ha affermato, invitando i suoi sostenitori a non perdere la speranza. Le autorità turche hanno immediatamente vietato le manifestazioni di protesta a Istanbul e in altre città, imponendo il divieto di assembramenti per quattro giorni. Nonostante le restrizioni, centinaia di persone hanno protestato contro l’arresto, soprattutto a Istanbul, Ankara e Smirne.
In particolare, gli studenti dell’Università di Istanbul hanno dato vita a scontri con le forze di polizia durante le manifestazioni. In risposta alla crescente indignazione, il governo turco ha limitato l’accesso a piattaforme social come X, YouTube, Instagram e TikTok, al fine di impedire che le proteste si diffondessero online. Questa mossa ha sollevato preoccupazioni internazionali sulla libertà di espressione e sulla repressione delle voci di dissenso.
L’arresto di Imamoglu potrebbe avere significative ripercussioni sulle future elezioni presidenziali in Turchia, previste per il 2028, ma con possibilità di elezioni anticipate. Imamoglu era già stato designato come candidato del CHP per la presidenza, e la sua crescente popolarità lo rendeva una seria minaccia per Erdogan. Alcuni osservatori politici ritengono che l’arresto possa essere stato una mossa strategica per indebolire l’opposizione e impedire a Imamoglu di candidarsi. Il principale partito di opposizione ha contestato fermamente l’arresto, definendo la misura come un tentativo di annullare la volontà del popolo turco. Ozgur Ozel, segretario del CHP, ha accusato Erdogan di compiere un colpo di stato politico, mentre Tuncer Bakirhan, presidente del partito filo-curdo Dem, ha chiesto il rilascio immediato di Imamoglu, definendo l’arresto un attacco alla democrazia.