Svezia, arriva la prima condanna penale contro un uomo accusato di stupro online

La sentenza, riportata da un'agenzia stampa, riguarda alcune violenze online commesse da un 41enne nei confronti di 27 vittime, tutte sotto i 15 anni, costrette a del sesso via webcam sotto la spada di Damocle del revenge porn e delle minacce di morte.

Svezia, arriva la prima condanna penale contro un uomo accusato di stupro online

Da quando internet si è aperta agli usi civili, mettendo in comunicazione i privati cittadini, è emersa la questione degli abusi online che, ben presto, ha contemplato anche la fattispecie degli “stupri via internet“. Dopo l’emergere dei primi casi documentati, nel 1993 e nel 2007, è notizia dei giorni scorsi che è arrivata anche la prima condanna penale per episodi del genere, comminata da un tribunale svedese.

Nel 1993, quando internet era nell’epoca delle connessioni a 56 kbit/s e le chat interpersonali erano ancora solo testuali, il saggio “A Rape in Cyberspace”, scritto da Julian Dibbell, documentò un “cyberrape”, ovvero un abuso avvenuto all’interno della comunità online LambdaMOO. Qualcosa del genere accadde molto dopo, nel 2007, allorché la polizia belga indagò per uno stupro virtuale avvenuto nel mondo simulato di Second Life, in cui ogni persona si rapporta all’altra tramite un avatar. Le cose, però, col passare del tempo sono peggiorate, anche se – a quanto pare – emergono le prime capacità di reazione da parte dei sistemi giudiziari.

Secondo quanto racconta l’agenzia stampa Associated Press, giovedì scorso un tribunale svedese ha emesso una condanna contro un uomo del posto sanzionato per una serie di stupri commessi online, tra il 2015 ed il 2017, contro diversi adolescenti, tutti di età inferiore ai 15 anni, adescati in rete (senza mai un incontro reale) in Canada, USA, e UK.

L’uomo avvicinava le sue vittime (1 ragazzino e 26 ragazze) in chat e, ottenuta la loro fiducia e qualche foto compromettente, le minacciava di revenge porn, ovvero di pubblicarne i contenuti su qualche sito pornografico, rovinandone la reputazione, e di far del male alle loro famiglie: nello specifico, assicurava loro ne avrebbe ucciso i membri. Questo se non avessero ottemperato alle sue richieste di consumare degli atti sessuali in webcam mentre lui, dall’altra parte del mondo, le guardava in azione. 

Bjorn Samstrom, questo il nome del 41enne aguzzino virtuale, aveva fatto i conti senza il classico oste, dacché nel paese in cui ha commesso il suo reato, fisicamente da un PC svedese, vige un particolare sistema giuridico per il quale, perché un atto sia considerato stupro, non è necessario che vi sia la penetrazione fisica da parte dell’aggressore. Questo ha fatto sì che, dopo le prime indagini avvenute in seguito a qualche denuncia, l’uomo fosse stato fermato e mandato a processo: con quale esito, è presto detto.

La corte svedese che lo ha giudicato (il tribunale di Uppsala, a nord di Stoccolma), anche in virtù del fatto che l’uomo aveva aggravato la sua posizione (detenzione di materiale pedopornografico) operando delle registrazioni di quanto vedeva, ha condannato l’uomo a una pena detentiva di 10 anni di reclusione, cui vanno aggiunti 110.000 euro (circa 1.1 milioni di corone svedesi) di risarcimento alle vittime, in una sentenza che, almeno in Svezia, è destinata a far legge su altri, eventuali, reati del genere.

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