Stato Islamico, così tortura i bambini nei centri di detenzione

Un ragazzo siriano di Kobane ha raccontato la sua terribile storia durante la prigionia nei centri di detenzione dell'Isis, dove alcuni bambini venivano torturati, sottoposti a crocifissioni e a scariche elettriche.

Stato Islamico, così tortura i bambini nei centri di detenzione

Abdsalam Haj Taher, un ragazzo siriano nato a Kobane, lo stesso paese del piccolo Aylan, è il primo rifugiato minorenne arrivato in Spagna un anno fa. Ha raccontato la sua terribile storia al quotidiano El Mundo e giovedì lo farà anche in pubblico davanti ai giudici che si occupano delle questioni dei rifugiati e che dovranno decidere del suo futuro. Il prossimo gennaio Abdsalam compirà 18 anni, ma ancora non ha i documenti in regola.

Abdsalam è uno dei 300 bambini catturati e incarcerati dallo Stato Islamico e, come scrive il giornalista di El Mundo, dopo l’orrore che ha vissuto, non si può sapere “se hai davanti un bambino o una persona molto più vecchia di te”. All’età di 15 anni si recò ad Aleppo insieme ad un gruppo di studenti della Secondaria per sostenere alcuni esami, ma una notte gli uomini dell’Isis sequestrarono gli autobus sui quali viaggiavano e richiusero tutti i bambini in una scuola trasformata in carcere.

Le giornate erano tutte uguali e iniziavano molto presto: sveglia alle cinque del mattino, doccia con acqua fredda, due ore di lettura del Corano; chi non sapeva leggere veniva frustato. Abdsalam racconta che dormivano in 28 in una stanza e che da mangiare avevano un piatto ogni 4 bambini. Alcuni venivano torturati, sottoposti a crocifissioni e a scariche elettriche; altri venivano appesi per i piedi, faccia in giù, e colpiti come fossero un sacco da pugilato.

I terroristi promettevano loro che se avessero ucciso gli infedeli, in Paradiso avrebbero avuto 72 donne a testa. Ma Abdsalam era convinto che un bravo mussulmano non uccide e non avrebbe permesso agli jihadisti di portagli via la vita e i sogni. Così una notte, dopo essersi guadagnato la fiducia di una guardia e aver ottenuto la chiave della cella, è riuscito a scappare da quell’inferno.

E ora, dopo aver attraversato la Turchia, l’isola di Kos, la Serbia, l’Ungheria, l’Austria , la Germania, a piedi, in barca, treno, autobus e senza mai guardare indietro, “come quando si scappa dal diavolo”, si trova in Spagna… ma ricorda ancora le grida dei suoi amici mentre venivano torturati. “Non potrò mai dimenticare quelle urla”, afferma Abdsalam.

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