Per migliorare l’assorbimento del principio attivo di un farmaco da parte dell’organismo, può essere utile stampare i farmaci in 3D. A rivelarlo è stato uno studio britannico, che ha evidenziato come la morfologia delle pillole possa avere effetti altamente rilevanti sui tempi d’azione delle stesse. La ricerca in questione è frutto degli sforzi degli studiosi che operano presso l’University College di Londra, ed è stata prontamente pubblicata sull’International Journal of Pharmaceutics.
Benché possa sembrare di primo acchito una scoperta di poco conto, in realtà gli studiosi hanno già reso noto che potrebbe rivoluzionare in meglio il mondo della produzione dei farmaci, poiché partendo da questi presupposti, sarà possibile arrivare alla personalizzazione dei farmaci “stampati in 3D” a seconda delle specifiche esigenze del paziente di riferimento. Per condurre lo studio, i ricercatori si sono serviti di paracetamolo utilizzato al posto del tradizionale inchiostro, allo scopo di creare pillole dalle forme più disparate per i test.
Una volta prodotti i farmaci con le stampanti 3D, il team di studiosi ha iniziato la sperimentazione somministrandoli ai pazienti: i risultati hanno messo in luce che la forma delle pastiglie influenzava significativamente la capacità dell’organismo di assorbirlo. La forma più semplice da “digerire”? La piramide, stando a quanto emerso dai test, è quella che tende a sciogliersi con maggiore rapidità. Proprio tenendo conto dei risultati ottenuti, i ricercatori hanno poi riferito che: “Il futuro della fabbricazione dei farmaci probabilmente si allontanerà dalla produzione di massa, verso la produzione estemporanea di dosi personalizzate per i pazienti”.
Per questo i ricercatori dell’University College di Londra hanno auspicato che le case farmaceutiche facciano tesoro di questa scoperta, iniziando a produrre medicinali in maniera innovativa, utilizzando magari proprio le stampanti 3D, ormai adoperate per i processi di produzione nei settori più disparati.